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Amministratore di Condominio e diritto al compenso

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Il Tribunale di Roma, quale Giudice di Appello, è intervenuto in tema di compenso professionale spettante all’Amministratore Condominiale. Con detta sentenza, il Tribunale, aderendo alla tesi del Condominio che aveva sollevato eccezione di inadempimento ex art. 1460 c.c., ha negato il diritto al compenso all’Amministratore. L’inadempimento del mandato legittima il mandante a negare il corrispettivo pattuito. Il Tribunale ha ribadito quanto stabilito dalla Cassazione con ordinanza n. 3587 dell’11 febbraio 2021: “In tema di prova dell’inadempimento di una obbligazione, il debitore convenuto per l’adempimento, ove sollevi l’eccezione di inadempimento ex art. 1460 c.c., sarà onerato di allegare l’altrui inadempimento, gravando sul creditore agente l’onere di dimostrare il proprio adempimento, ovvero la non ancora intervenuta scadenza dell’obbligazione

 

Studio Legale Avv. Vito Sola
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SENTENZA 17139/2021 

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE DI ROMA
Sezione V Civile

in composizione monocratica, nella persona del Giudice dott. Sebastiano Lelio Amato, ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa di II° Grado iscritta al n. r.g. 52339/2018 promossa da:
G.  O. , c.f.  nato il   a ,
con il patrocinio dell’avv.: M. D.

Parte attrice

contro

CONDOMINIO VIA F . M.  N. 26, IN ROMA, c.f.  ,
in persona dell’amministratore legale rappresentante pro tempore,
con il patrocinio dell’avv.: SOLA VITO

Parte convenuta

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione, ritualmente notificato, il sig. G.  O.  evocava dinanzi all’intestato Tribunale il CONDOMINIO VIA F.  M. . 26, IN ROMA, impugnando la sentenza n. 38090/18 del Giudice di Pace di Roma, dep. il 6.2.2018.
Esponeva l’O. di aver adito il primo giudice per ottenere la condanna del Condominio al pagamento della somma di € 2.700,00 a titolo di compensi per l’attività da lui espletata quale amministratore dello stesso ente (gestione 2013 – 2014 e 2014 – 2015).
Il Giudice di Pace, aderendo all’eccezione formulata dal Condominio, aveva dichiarato improponibile la domanda dell’O.  in quanto avanzata in violazione del divieto di parcellizzazione delle domande.
Ritenendo tale sentenza ingiusta, l’appellante chiedeva l’accoglimento delle conclusioni di seguito riportate: “Voglia il Tribunale ill.mo Ordinario di Roma, in riforma della sentenza impugnata, contrariis reiectis, dichiarata proponibile la domanda introduttiva del giudizio, accertare il credito vantato dal sig. G. O.  per il mancato pagamento dell’intero compenso previsto per la gestione 2013-2014, pari ad euro 1.800,00, e per il mancato pagamento di euro 900,00, relativo alla gestione 2014-2015 e, per l’effetto, condannare il Condominio di Via F. M. 26 Roma, in persona dell’amministratore p.t., a corrispondere in favore dell’attore l’importo di €.2.700,00, oltre interessi dalle rispettive scadenze annuali, riconoscendo altresì il diritto alla ripetizione delle spese della mediazione obbligatoria, pari ad euro 53,60 (ovvero 48,80 per avvio mediazione e 4,80 per raccomandata a.r. di convocazione).
Con vittoria di spese e compensi, oltre accessori di legge, dei due gradi di giudizio”.
Si costituiva parte convenuta, contestando in fatto ed in diritto l’avverso gravame e chiedendone il rigetto.
Nel corso del processo, l’udienza di precisazione delle conclusioni era differita diverse volte, nell’attesa della trasmissione del fascicolo di primo grado. Infine, vista la fattuale impossibilità di acquisire il fascicolo nonostante i ripetuti solleciti ed essendo agli atti, comunque, i fascicoli di parte relativi al giudizio dinanzi al Giudice di Pace, la causa era trattenuta in decisione previa assegnazione dei termini di legge per conclusionali e repliche.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il Giudice di Pace ha ritenuto improcedibile la domanda sul rilievo che l’O. , nel corpo della citazione, aveva segnalato di volersi riservare l’azione per conseguire il rimborso di anticipazioni a suo dire da lui effettuate a vantaggio del Condominio di via M.  26.
Ciò, ad avviso del giudice di prime cure, si porrebbe in contrasto con il divieto di frazionare il credito, discendente dall’obbligo di correttezza e buona fede in ambito giudiziale (art. 88 c.p.c.) e dal principio del giusto processo (art. 111 Cost.).
Osserva il Tribunale, in primo luogo, che nel caso in esame non vi è stata alcuna “parcellizzazione” del credito, dal momento che la domanda dell’O.  non è stata preceduta, né seguita, da altre nei confronti del Condominio. La semplice “riserva” di agire per ottenere il rimborso di presunte anticipazioni (riserva che, d’altronde, poteva essere omessa senza alcuna ripercussione sulla completezza della citazione) non si è infatti tradotta in una concreta iniziativa giudiziale, e ciò era condizione necessaria affinché si potesse effettivamente prospettare un frazionamento della domanda e non una semplice riduzione della pretesa azionata, senz’altro lecita e possibile.
In secondo luogo, la stessa giurisprudenza richiamata nella sentenza appellata descrive situazioni alle quali la fattispecie qui in esame non si presta ad essere assimilata.
Al riguardo, è opportuno richiamare Cass. SS.UU. n. 4090 del 16/02/2017, la quale ha precisato che “Le domande aventi ad oggetto diversi e distinti diritti di credito, benché relativi ad un medesimo rapporto di durata tra le parti, possono essere proposte in separati processi, ma, ove le suddette pretese creditorie, oltre a far capo ad un medesimo rapporto tra le stesse parti, siano anche, in proiezione, inscrivibili nel medesimo ambito oggettivo di un possibile giudicato o, comunque, fondate sullo stesso fatto costitutivo, – sì da non poter essere accertate separatamente se non a costo di una duplicazione di attività istruttoria e di una conseguente dispersione della conoscenza dell’identica vicenda sostanziale – le relative domande possono essere formulate in autonomi giudizi solo se risulti in capo al creditore un interesse oggettivamente valutabile alla tutela processuale frazionata…”.
Orbene, innanzi tutto può rilevarsi che la pretesa relativa al compenso professionale è fondata sull’adempimento del mandato gestorio, mentre la pretesa relativa al rimborso delle anticipazioni è fondata sul presupposto che l’amministratore abbia pagato con denaro proprio debiti del Condominio, in relazione a spese gestionali approvate o ratificate dall’assemblea; si tratta di diversi crediti, che nascono nell’ambito di un unico rapporto di durata, ma che hanno diversi presupposti di fatto e diversa causa petendi, non rientrando nel concetto di “medesimo fatto costitutivo” neppure in base all’interpretazione, per così dire “autentica”, che di tale locuzione ha fornito Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 14143 del 24/05/2021 (“nell’espressione “medesimo fatto costitutivo”, l’aggettivo
“medesimo” va inteso come sinonimo di “analogo” e non di “identico”).
Le due ragioni di credito vantate dall’O. richiedevano, dunque, diverse attività istruttorie e, in particolare, quella relativa al rimborso delle anticipazioni necessitava di specifici riscontri documentali in base alla prevalente giurisprudenza formatasi su analoghe questioni.
In ogni caso, proprio per la diversità degli accertamenti necessari, per la diversa, presumibile, durata, e il diverso possibile esito delle domande, rispondeva ad un interesse meritevole di tutela la scelta dell’O.  di richiedere solo il pagamento del compenso, riservando ad una più approfondita valutazione il promovimento dell’istanza diretta al rimborso delle anticipazioni.
Consegue a quanto sopra esposto che la domanda dell’odierno appellante non doveva essere giudicata improponibile e deve essere, ora, scrutinata nel merito.
Al riguardo, va premesso che l’istante ha svolto l’attività di amministratore del Condominio di Via F. M..  n.26 Roma per alcuni anni, fino alla revoca nel novembre 2014 con definitivo passaggio delle consegne in data 25 novembre 2014.
L’importo complessivo che astrattamente spetterebbe all’attore-appellante, a titolo di compensi non percepiti, è pari ad euro 2.700,00, di cui € 1.800,00 quale intero compenso previsto per la gestione 2013-2014 ed € 900,00 per la non completata gestione 2014-2015.
Tale ammontare del compenso annuale si rinviene nel preventivo di gestione condominiale 2013-2014 approvato, come punto 4 dell’ordine del giorno, dall’assemblea del 27.3.2014.
Ha sostenuto il Condominio che la mancata specificazione analitica del compenso avrebbe comportato violazione dell’art. 1129 co. 14° c.c., che recita: “L’amministratore, all’atto dell’accettazione della nomina e del suo rinnovo, deve specificare analiticamente, a pena di nullità della nomina stessa, l’importo dovuto a titolo di compenso per l’attività svolta”.
Si rileva, in contrario, che la legge non fornisce alcuna indicazione, neppure di massima, in merito alla modalità con cui debba essere determinato il compenso. Pertanto, in assenza di una norma che imponga di individuare determinate voci, si ritiene sufficiente la prassi, per vero molto diffusa, di indicare un importo forfettario e onnicomprensivo; l’esigenza di tutela dei condòmini (che è alla base della prescrizione normativa e deve ispirarne l’interpretazione) non
viene infatti pregiudicata da una siffatta modalità, perché l’amministratore – proprio perché ha preferito una quantificazione onnicomprensiva – non potrà utilmente richiedere il pagamento di ulteriori importi per specifiche prestazioni.
Sotto altro profilo, il cit. co. 14° non chiarisce neppure in che modo, all’atto della nomina o della conferma, debba risultare il compenso: se cioè occorra un’indicazione ad hoc a verbale, o se l’ammontare di esso possa desumersi altrimenti.
In mancanza di chiare indicazioni, si ritiene che, avuto riguardo al carattere della disposizione in esame (la quale prevede la grave conseguenza, sanzionatoria nei confronti dell’amministratore, della nullità della delibera di nomina), debba evitarsi di introdurre, in via di interpretazione, ulteriori requisiti che in detta disposizione non si rinvengono (come, appunto, l’espressa indicazione del compenso nel verbale).
Pertanto, se, nella medesima assemblea che delibera sulla conferma dell’amministratore, viene approvato anche il preventivo presentato dallo stesso amministratore ove è chiaramente indicato, in modo forfetario e onnicomprensivo, l’importo del compenso, va esclusa la violazione dell’art. 1129 co. 14° c.c.:
la specificazione del compenso vi è stata, all’atto della conferma, ossia contestualmente alla stessa;
il fatto che il compenso sia determinato forfetariamente e non per voci risponde a una libera scelta dell’amministratore condivisa dai condòmini;
non si prospetta, per costoro, alcun rischio di trovarsi esposti a pretese inaspettate, dal momento che l’amministratore non potrebbe chiedere il compenso per voci non specificate (se non sostenendo contraddittoriamente che l’importo da lui indicato nel preventivo non comprendeva ogni sua spettanza e che quindi, non avendo egli rispettato quanto previsto dal cit. co. 14°, la delibera che lo ha nominato è nulla).
Non può, pertanto, escludersi il diritto al compenso dell’O. sulla base della dedotta illegittimità della delibera di nomina.
Il Condominio ha anche sollevato eccezione ex art. 1460 c.c., sostenendo che il sig. O.  non avrebbe diritto al compenso per non aver adempiuto al mandato gestorio.
Tale eccezione risulta fondata.
Non è contestabile che l’inadempimento del mandato legittimi il mandante a negare il corrispettivo pattuito. Come recentemente
ribadito dalla Corte di Cassazione, “In tema di prova dell’inadempimento di una obbligazione, il debitore convenuto per l’adempimento, ove sollevi l’eccezione di inadempimento ex art. 1460 c.c., sarà onerato di allegare l’altrui inadempimento, gravando sul creditore agente l’onere di dimostrare il proprio adempimento, ovvero la non ancora intervenuta scadenza dell’obbligazione” (v. Cass. Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 3587 del 11/02/2021).
Orbene, nel caso di specie il Condominio ha evidenziato che l’O. ha omesso di convocare altre assemblee dopo il 27.3.2014, inducendo i condòmini ad autoconvocare (ex art. 66 disp. attuaz. c.c.) un’assemblea nella quale era stata deliberata la revoca dall’incarico a lui conferito.
La circostanza non risulta smentita dall’attore, essendo peraltro in atti il verbale dell’assemblea del 11.11.2014 (doc. 3 fasc. del convenuto relativo al 1° grado) dal quale risulta che l’O. è stato revocato per “gravi motivi”, attinenti alla “negligenza nel suo operato”. Precedentemente, nove condòmini, rappresentanti 803 millesimi, avevano chiesto all’O. la convocazione dell’assemblea (v. avviso di spedizione della raccomandata inviata il 1.10.14, doc. 1 fasc. conv. di 1° grado), indicando, quali argomenti da porre all’o.d.g., l’approvazione del bilancio consuntivo 1.5.2013 / 30.4.2014 (anche relativo alla gestione riscaldamento) e della situazione contabile patrimoniale.
A tale invito non risulta che l’odierno appellante abbia dato corso (sebbene alla fine del mese di ottobre scadesse il termine di 180 giorni per la presentazione del conto, fissato dall’art. 1130 n. 10 c.c.), tanto che l’assemblea del 11.11.2014 veniva autoconvocata dai condòmini.
A fronte di questi elementi, senza dubbio indicativi di negligenza, non vi è stata, da parte dell’O. , una attività assertiva e probatoria volta a dimostrare che, nel periodo al quale si riferisce la richiesta di compenso, egli abbia effettivamente espletato le attività gestionali connesse all’incarico.
Neppure egli ha allegato l’elaborato contabile, riassumente la situazione contabile e patrimoniale del Condominio, che di regola viene presentato dall’amministratore uscente in sede di passaggio di consegne; difetta anche la produzione dello stesso verbale di passaggio di consegne, da cui potrebbe desumersi lo svolgimento di una serie di attività connesse all’incarico, quantomeno di tenuta e conservazione dei documenti contabili.
La difficoltà probatoria, addotta dall’odierno appellante per spiegare il motivo per cui non aveva inteso agire per il rimborso di asserite anticipazioni, non può giustificare il mancato assolvimento dell’onere di provare – a fronte dell’eccezione di controparte – l’adempimento della prestazione per la quale egli chiede di essere compensato.
D’altro canto, a tali difficoltà, correlate alla mancata disponibilità dei documenti consegnati al nuovo amministratore, poteva sopperirsi richiedendo al Giudice di Pace di ammettere prove testimoniali, ovvero di ordinare al Condominio, ai sensi dell’art. 210 c.p.c., l’esibizione della documentazione ritenuta utile ai fini probatori.
Consegue a quanto sopra che il Giudice di Pace ha errato nel ritenere improponibile la domanda proposta dal sig. O. senza esaminarla nel merito e che la domanda stessa deve essere rigettata per mancata prova dell’adempimento della prestazione alla quale si riferisce il corrispettivo richiesto.
Le spese del grado seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo. Resta ferma la statuizione sulle spese del 1° grado di giudizio contenuta nella sentenza impugnata.

P. Q. M.

definitivamente pronunciando, il Tribunale, quale giudice di 2° grado, riforma la sentenza n. 38090/18 del Giudice di Pace di Roma dep. il 6.2.2018, nella parte in cui dichiara improponibile la domanda, e rigetta la domanda proposta dal sig. G. O. .
Condanna l’appellante alla refusione, in favore del Condominio di via F. M. n. 26, in Roma, delle spese di questo grado di giudizio, che liquida in euro 1.500,00 per compensi professionali, oltre i.v.a., c.p.a. e spese generali come per legge.
Roma, 3/11/2021

Il Giudice
dott. Sebastiano Lelio Amato

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