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Configurabilità del reato di lottizzazione abusiva

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Il reato di lottizzazione abusiva è configurabile nel caso di modifica di destinazione d’uso di una RTA, residenza turistico alberghiera. Nel caso di vendita di singole unità a privati, senza l’esistenza di una organizzazione imprenditoriale preposta alla gestione di servizi comuni e alla concessione in locazione dei singoli appartamenti compravenduti, è configurabile il reato di lottizzazione abusiva, in quanto le singole unità immobiliari perdono la originaria destinazione d’uso alberghiera per assumere quella residenziale, in contrasto con lo strumento urbanistico costituito dal piano di lottizzazione.

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SENTENZA n. 6396/2007

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE III

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati

Dott. LUPO Ernesto                – Presidente –

Dott. GRASSI Aldo                 – Consigliere –

Dott. FIALE Aldo                    – Consigliere  –

Dott. FRANCO Amedeo          – Consigliere  –

Dott. SENSINI Maria Silvia   – Consigliere  –

All’udienza pubblica del 7.11.2006

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

  1. C. L., nato a Roma
  2. C. M., nato a Roma

avverso la sentenza 11.10.2004 della Corte di Appello di Cagliari –  Sezione distaccata di Sassari,

Visti gli atti, la sentenza impugnata ed i ricorsi,

Udita, in Pubblica udienza, la relazione fatta dal Consigliere Dr. Aldo Fiale;

Udito il Pubblico Ministero, in persona del Dr. Di Popolo Angelo, il quale ha concluso chiedendo il rigetto dei ricorsi,

Uditi i difensori, Avv.ti  L. G., E. M., M. E. C. e G. F., i quali hanno concluso chiedendo l’accoglimento dei ricorsi.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Corte di Appello di Cagliari – Sezione distaccata di Sassari, con sentenza dell’11.10.2004, in parziale riforma della sentenza emessa dal Tribunale di Tempio di Pausania – Sezione distaccata di Olbia in data 31.3.2003, confermava (tra l’altro):

  1. la statuizione di non doversi procedere nei confronti di C. L. e C. M. in ordine al reato di cui:

–        alla L. n. 47 del 1985, art 20, lett. c), per avere – in qualità di soci della S.r.l. “R.S”  e C. M. nella qualità di amministratore e legale rappresentante della avente causa s.r.l. “XXX” – edificato, in violazione della L.R. n. 45 del 1989, una lottizzazione abusiva entro la fascia rispetto dei 300 metri dal lido marittimo, in corso di ultimazione in assenza di concessione edilizia  – acc. in Golfo Aranci, località“Terrata”, in permanenza fino al 17.11.1999), perché estinto per prescrizione;

–        b) la disposta confisca “dei terreni oggetto della convenzione di lottizzazione del 13.8.1992 e delle opere su essi realizzate, posti sotto sequestro con decreto emesso il 20.11.1997, e la loro acquisizione al patrimonio indisponibile del Comune di Golfo Aranci”. Avverso tale sentenza hanno proposto ricorso i difensori degli imputati, i quali – sotto i profili della violazione di legge e del vizio di motivazione – hanno eccepito:

– la erronea interpretazione della legislazione della Regione Sardegna, ed in particolare delle L.R. n. 45 del 1989, L.R. n. 11 del 1992 e L.R. n. 22 del 1992, che nella loro applicazione alla vicenda in esame, sarebbero state sostanzialmente  “modificate” dal giudice;

– la impossibilità giuridica di configurare una lottizzazione abusiva nella ravvisata ipotesi di vendita a privati di unità alberghiere, poiché tale alienazione “ non comporta il mutamento di destinazione d’uso e residenziale”;

– la incongrua valutazione, nella specie, del mutamento della destinazione d’uso turistico – alberghiera, poiché una valutazione siffatta può “ intervenire solo ed esclusivamente a partire dalla data del rilascio del certificato di  abitabilità”;

– la previsione espressa e l’effettiva esistenza di una “gestione unitaria” del complesso immobiliare in una situazione in cui non risultano realizzate “opere” finalizzate ad un mutamento della destinazione d’uso;

–        la mancanza di motivazione in relazione alle censure articolate con i motivi di appello;

–        l’insussistenza della contravvenzione di lottizzazione abusiva anche sotto il profilo dell’assenza dell’elemento soggettivo richiesto per la punibilità di essa;

–        l’impossibilità di disporre la confisca del compendio immobiliare. In relazione a tale ultimo motivo di ricorso, gli stessi difensori hanno sollevato, quindi, eccezione di incostituzionalità della L. n. 47 del 1985, artt. 18 e 19, per contrasto: a) con l’art 3 Cost., sotto il profilo della ragionevolezza della legge;  b) con l’art 41 Cost. e art 42 Cost., comma 2, sotto i profili  della tutela della proprietà e dell’iniziativa economica privata; c) con gli artt. 24, 101 e 102 Cost., sotto il profilo della possibilità di sovrapposizioni ed interferenze  tra autorità amministrativa, organo giurisdizionale amministrativo e giudice penale e di contrasto fra giudicati.

Gli anzidetti motivi di gravame sono stati ulteriormente ed ampiamente specificati con scritti difensivi del 21.3.2006, 7.4.2006 e 6.11.2006.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. il ricorso deve essere rigettato, perché tutte le doglianze in esso svolte sono infondate.

2. Gli elementi fattuali della vicenda.

Nella specie risulta accertato, in punto di fatto, che:

–        L’area interessata dall’intervento edilizio in questione, avente una superficie complessiva di circa 330.000 mq., è sita in territorio costiero del Comune di Golfo Aranci e, nel programma comunale di fabbricazione  (approvato con decreto del 21.12.1981), risulta tipizzata come “zona F” (turistica), come indice di fabbricabilità territoriale delle 0,001 mc./mq e possibilità di deroga a tale indice per le strutture alberghiere e para-alberghiere”.

–        La suddetta area era stata parzialmente edificata (con un indice dello 0,10 mc/mq. della c.d. “ Legge Ponte” n. 765 del 1967, ex art 17) con la realizzazione, ultimata negli anni ‘80, di un villaggio residence, denominato “ Terrata 1”, avente una volumetria residenziale di circa mc. 25.000, distribuita in 251 appartamenti. – la s.r.l. “R.S.” progettava la realizzazione, nella zona, di un nuovo intervento rivolto a “riqualificare ed ampliare il complesso alberghiero già esistente”, aumentandone la capacità ricettiva attraverso la costruzione ulteriore di 280 unità immobiliari per complessivi 34.839 mc., con destinazione produttiva – alberghiera.

–        In relazione al progetto presentato dalla s.r.l. “R.S.”, la Giunta Regionale, con delib. 27 marzo 1991, rilasciava nulla-osta per la realizzazione di una RTA (residenza turistico alberghiera), ai sensi della L.R. 22 dicembre 1989, n. 45, art. 13, comma 1 – lett. c), a condizione che fosse “trascritto nei registri immobiliari l’obbligo di mantenere nel tempo la destinazione alberghiera dell’opera”. Con la comunicazione di intervenuto rilascio di detto nulla-osta veniva specificato che:

–        i volumi edificandi dovevano essere comunque ubicati oltre 150 metri dal mare;

–        il successivo rilascio della concessione edilizia era subordinato all’approvazione di un piano attuativo di lottizzazione;

–        il progetto comportava una volumetria superiore a quella prevista dallo strumento urbanistico comunale, sicché si sarebbe dovuto ricorrere all’istituto della concessione in deroga, ex L. n. 765 del 1967, art.16, sempre che tale istituto fosse consentito dalla normativa comunale e non venisse superato il limite inderogabile stabilito dalle disposizioni  di legge vigenti in materia. La Regione, con provvedimento assessoriale del 29.11.1991, rilasciava autorizzazione paesaggistica, ai sensi della L. n. 431 del 1985 e della L. n. 1497 del 1939, art 7.

–        Il Consiglio comunale di Golfo Aranci:

–        con delib. 15 luglio 1991, adottava il piano di lottizzazione della s.r.l. “R.S.” unitamente alla bozza di convenzione;

–        con delib. 17 dicembre del 1991, approvava definitivamente lo stesso piano di lottizzazione (nella vigenza delle misure di salvaguardia di una adottata variante del programma di fabbricazione);

–        con delib. 22 aprile del 1992, autorizzava il Sindaco, previo nulla-osta dell’Assessorato regionale all’urbanistica, al rilascio di una concessione edilizia in deroga (agli ordinati parametri piano – volumetrici) relativa alla realizzazione di opere alberghiere ricettive.

–        l’Assessorato regionale all’urbanistica, con decreto del 17.7.1992, concedeva al Sindaco di Golfo Aranci “ai sensi della L. 6 agosto 1967, n. 765, art. 16, il  nulla-osta per il rilascio di una concessione edilizia in deroga alle norme di attuazione del vigente programma di fabbricazione”.

–        Il 13.8.1992 veniva stipulata la convenzione, tra il Sindaco di Golfo Aranci ed il legale rappresentante della s.r.l. “R.S.”, avente ad oggetto “la lottizzazione  per opere alberghiere – ricettive zona F di interesse turistico nel piano di fabbricazione nel Comune di Golfo Aranci”.

–        Il Sindaco di Golfo Aranci rilasciava alla s.r.l. “R.S.”:

–        in data 31.8.1992 la concessione edilizia per l’esecuzione delle opere di urbanizzazione primaria previste in convenzione;

–        in data 23.11.1992, la concessione edilizia per l’esecuzione delle opere di ampliamento e riqualificazione di un complesso alberghiero”.

–        L’inizio dei lavori avveniva il 12 gennaio 2003, ma la società, nella progressione degli stessi, provvedeva ad alienare a privati la proprietà di unità immobiliari via via che esse venivano realizzate.

–        Nell’estate del 1997 erano state completate 88 unità immobiliari, delle quali 56 erano state alienate a privati.

–        3. il reato di lottizzazione abusiva.

–        Secondo la giurisprudenza più recente di questa Corte Suprema, il reato di lottizzazione abusiva può configurarsi (vedi Cass., Sez. Unite, 28.11.2001, Salvini ed altri, nonché Sez. 3^: 11.5.2005, Stiffi ed altri; 1.7.2004, Lamedica ed altri; 29.1.2001, Matarrese ed altri, 30.12.1996, n.11249, ric. P.M. in proc. Urtis):

–        in presenza di un intervento sul territorio tale da comportare una nuova definizione dell’assetto preesistente in zona  non urbanizzata o non sufficientemente urbanizzata, per cui esiste la necessità di attuare le previsioni dello strumento urbanistico generale attraverso la redazione di un piano esecutivo e la stipula di una convenzione lottizzatoria adeguata alle caratteristiche dell’intervento di nuova realizzazione;

–        ma anche allorquando detto intervento non potrebbe in nessun caso essere realizzato poiché, per le  sue connotazioni oggettive, si pone in contrasto con previsioni di zonizzazione e/o di localizzazione dello strumento generale di pianificazione che non possono essere modificate dai piani urbanistici attuativi.

4. I ravvisati comportamenti di illecita lottizzazione.  4.1. La incompatibilità della effettuata trasformazione del territorio con la legislazione urbanistica regionale. I giudici del merito hanno evidenziato che nella specie., attraverso il rilascio dei provvedimenti amministrativi dinanzi elencati è stato consentito alla s.r.l. “R.S.” di costruire un imponente complesso edificatorio nella fascia di 500 metri dal mare, in deroga al divieto di edificabilità posto dalla L. R. Sardegna 22 dicembre 1989, n. 45: deroga concessa ai sensi della stessa Legge, art 12, comma 4 e art 13, lett. c), in vista della realizzazione di una “lottizzazione ad esclusiva finalità alberghiera”. Le anzidette disposizioni della L.R. n. 45 del 1989. ( nella formulazione all’epoca 1992) – infatti – nell’imporre che nella fascia fino a 500 metri dal mare non fosse possibile realizzare nuove opere né apportare varianti agli strumenti urbanistici né, ancora, rilasciare concessioni, facevano salve ( tra le altre) “ le opere alberghiere ricettive così come definite nella L.R. 14 maggio 1984, n. 22 purché ricadenti oltre la fascia dei 150 metri dal mare, previo nulla – osta della Giunta Regionale ed autorizzazione di cui alla L. 29 giugno 1939, n. 1497, art 7”.

Lo strumento urbanistico generale vigente nel Comune di Golfo Aranci all’epoca dell’approvazione del piano di lottizzazione (programma di fabbricazione approvato dalla Regione il 21.12.1981) stabiliva per la zona interessata dall’intervento (classificata come zona F) un indice di fabbricabilità territoriale di 0,001 mc/mq “ con possibilità di deroga a tale indice per le strutture alberghiere e paralberghiere”. Allorquando venne stipulata la convenzione di lottizzazione in oggetto era stata peraltro approvata ( con deli. Regionale 19 giugno 1992) una variante al programma di fabbricazione, la quale prevedeva, per la zona F di Terrata, un indice di fabbricabilità territoriale di 0,10 mc./mq ed un indice di fabbricabilità fondiaria di 0,18 mc./mq. Detta variante era già stata adottata all’epoca in cui il Comune di Golfo Aranci aveva approvato il piano di lottizzazione (17.12.1991), sicchè a quell’epoca vigevano le relative misure di salvaguardia.

La potenzialità edificatoria dell’area, secondo il regime costruttivo generale, si sarebbe dovuta considerare esaurita in seguito alla precedente realizzazione del “ Villaggio Terrata 1”, ma esisteva, come si è detto, la possibilità di deroga agli indici sopra individuati soltanto per la realizzazione di strutture alberghiere e para alberghiere”.

La realizzazione del nuovo complesso (quello che direttamente ci riguarda) venne consentita, dunque in virtù di due deroghe:

–        Quella di divieto di edificabilità posto dalla L.R. n, 45 del 1989;  quella alle limitazioni plano volumetriche imposto dallo strumento urbanistico comunale.

Dette deroghe erano ammissibili soltanto per “le opere alberghiere ricettive”. L’Assessorato regionale all’urbanistica – al riguardo – nel dare comunicazione del nulla-osta concesso il 27.3.1991 per la deroga al divieto di in edificabilità  aveva espressamente subordinato tale provvedimento alla condizione che fosse “trascritto nei registri immobiliari l’obbligo di mantenere nel tempo la destinazione alberghiera dell’opera”.

Tuttavia, in data 26.6.1992 (anteriore al rilascio del nulla-osta regionale del 17.7.1992 (per la concessione edilizia in deroga alle norme di attuazione del vigente programma di fabbricazione) ed alla stipula della convenzione di lottizzazione del 13.8.1992; ma successiva al rilascio del nulla-osta regionale del 27.3.1991  (per la deroga del divieto di edificabilità entro i 500 metri dal mare) ed all’approvazione definitiva del piano di lottizzazione (17.12.1991) entrava in vigore la detta L.R. Sardegna n. 11 del 1992, che abrogava la possibilità di derogare al divieto di edificazione per la realizzazione di strutture ricettive alberghiere nella fascia di 500 metri dal lido del mare.

Tale legge, in particolare: a) non consentiva di realizzare opere e modificare l’assetto del territorio, di apportare varianti agli strumenti urbanistici e di rilasciare concessioni o autorizzazioni nella fascia sino a 2 km dal mare b) autorizzava soltanto la realizzazione di alberghi oltre i 500 metri dal mare c) faceva salve solo ed esclusivamente le lottizzazioni già convenzionate in cui le opere di urbanizzazione fossero state iniziate entro il 17.11.1989. Nella situazione normativa e pianificatoria dianzi illustrata, i giudici del merito hanno evidenziato che:

a)     Ai sensi della L. R. n. 45 del 1989, art. 12, comma 6, modificato dalla L.R. n. 11 del 1992, a decorrere dal 22.6.1992, non potevano più essere rilasciate concessioni edilizie quali quelle rilasciate invece alla s.r.l. “ R.S.” il 31.8.1992 ed il 23.11.1992;

b)      Nessuna perdurante efficacia poteva riconoscersi al nulla – osta regionale del 27.3.1991 (per la deroga al divieto di edificabilità entro i 500 metri dal mare), poiché il novellato L.R. n. 45 del 1989, art.12, faceva salve solo ed esclusivamente le lottizzazioni già convenzionate in cui le opere di urbanizzazione fossero state iniziate entro il 17.11.1989 (ipotesi che con evidenza non ricorreva nel caso di specie);

c)     La situazione non poteva considerarsi mutata anche dopo l’entrata in vigore della L.R., 29 dicembre 1992 n. 22, il cui art. 1, rubricato “Misure di salvaguardia – proroga dei termini”, testualmente disponeva:

“Alla L.R. 22 dicembre 1989, n. 45, art. 11, comma 5 già sostituito dalla L.R. 22 giugno 1992, n. 11, art 1, il periodo compreso fra le parole “ Dalla data di pubblicazione….” e le parole  “decreto del Presidente della Giunta Regionale” è sostituito dal seguente “ dalla data di adozione e fino all’approvazione definitiva del piano territoriale paesistico da parte del Consiglio Regionale, trovano applicazione le misure di salvaguardia di cui alla L. 3 novembre 1952, n. 1902 e successive modificazioni, e fino alla data del 30 aprile 1993 le norme di cui alla L.R. n. 45 del 1989, artt. 12 e 13”. Una disposizione siffatta, a giudizio di quei giudici, era esclusivamente rivolta a prorogare sino al 30,4.1993 la validità delle misure di salvaguardia (originariamente fissata al 31.12.1992 dalla L.R. n. 11 del 1992 , art 5), ma non certo ad ampliare le ipotesi di “ opere fatte salve” ai sensi della L.R. n. 45 del 1989, art. 12, comma 4.

La circostanza che la LR. N. 22 del 1992, art. 1, richiamasse la L.R. n. 45 del 1989, artt. 12 e 13, senza fare riferimento alle loro “ successive modificazioni ed integrazioni”, non poteva interpretarsi  nel senso che il legislatore avesse inteso far rivivere il testo di tali articoli nella formulazione antecedente alle modifiche ad essi apportate dalla L.R. n. 11 del 1992, poiché la stessa  L,R. n, 22 del 1992 introduceva espressamente la disposizione sopra riportata nel testo della L.R. n. 45 del 1989”  già sostituito dall’at 1 L.R. 22 giugno 1992, n. 11”.

Né significazioni diverse potevano dedursi dal fatto che la L.R.n. 22 del 1992, art. 3 disponeva la sospensione dell’efficacia del nulla osta già rilasciati ex L.R. n. 45 del 1989, art. 13, con riferimento alle sole aree di conservazione integrale. Tale disposizione, infatti da interpretarsi in coordinazione con quelle di cui alla stessa L.R. n. 45 del 1989 , art. 12 era  rivolta a prescrivere che, in relazione alle aree sopra indicate, per le loro peculiarità e per la necessità che fosse loro assicurata la più ampia tutela, fossero immediatamente sospesi anche i procedimenti amministrativi pendenti, mentre in relazione a tutte le altre aree veniva consentito che i procedimenti fossero utilmente coltivati, ferma restando l’impossibilità di rilasciare concessioni edilizie, apportare varianti agli strumenti urbanistici, realizzare opere nuove e nuove modificazioni dell’ assetto del territorio. Hanno ravvisato, pertanto, quei giudici gli estremi del reato di            lottizzazione abusiva in presenza di concessioni illegittimamente emesse e comunque inefficaci, che hanno avuto l’effetto di comportare una trasformazione del territorio incompatibile con la normativa urbanistica regionale (per violazione del vincolo di in edificabilità e delle misure di salvaguardia) e con le previsioni dello strumento urbanistico generale (in quanto, sussistendo l’impossibilità di deroghe, gli indici ordinali di fabbricabilità dovevano ritenersi già completamente esauriti in seguito alla precedente realizzazione del “ Villaggio Terrata 1”).

4.2 La vanificazione del regime derogatorio attraverso il mutamento della destinazione d’uso realizzato con l’alienazione di singole unità abitative.

Con argomentazioni definite soltanto sussidiarie e formulate “ per completezza”, i giudici del merito ravvisato la configurabilità della lottizzazione abusiva anche sotto altro e diverso profilo, riferito alla utilizzarne surrettizia del regime derogatorio per realizzare utilità immobiliari residenziali in zona urbanistica ove le stesse non erano consentite,

Hanno evidenziato al riguardo, quei giudici che, in coerenza con le finalità poste alla base delle deroghe concesse dalla Regione e dal Comune, l’art 10 della convenzione di lottizzazione stipulata il 13-8-1992 imponeva sugli immobili realizzandi un vincolo ventennale di destinazione all’uso “ turistico-alberghiero” e vietava, durante detto periodo l’alienazione delle singole unità immobiliari che si considerano un tutt’ uno finalizzato all’attività turistico – ricettiva”.

Un tipo legale di “azienda ricettiva alberghiera” – definita dalla L.R. n. 22 del 1984 (nel testo all’epoca vigente, anteriormente alle modifiche introdotte con la L.R. n .27 del 1998) quale esercizio pubblico a gestione unitaria che, con l’osservanza di quanto previsto dalla legge medesima, “offre ospitalità al pubblico in uno o più stabili o parti di stabili” – era la RTA “residenza turistico alberghiera”, che si caratterizza per fornire “alloggio ai clienti in unità abitative costituite da uno o più locali con cucina e posto – cottura”  per periodi comunque non inferiori a sette giorni. Una RTA, avrebbe potuto essere frazionata anche tra più soggetti – in quanto essa fosse stata effettivamente fruibile da parte di una generalità indeterminata di utenti, a fronte di una gestione unitaria dell’intero complesso. Nel caso in esame, invece era individuabile la intervenuta realizzazione di un ordinario complesso residenziale, poiché le singole unità abitative che erano state alienate, prive di una gestione unitaria, erano atte ad accogliere nuclei familiari  (con l’unico limite di non potervi fissare la residenza), ai quali veniva consentito di utilizzare l’alloggio anche stabilmente ed in condizioni di completa autosufficienza, nonché senza alcuna dipendenza dei servizi centralizzati del complesso, strutturati solo per rendere più gradevole e confortevole il soggiorno. Né il mutamento di destinazione d’uso (da turistico-alberghiero a residenziale) così realizzato poteva ritenersi scongiurato dalla clausola effettivamente contenuta nei contratti di vendita, secondo la quale ciascun acquirente “ prende atto del vincolo ventennale di destinazione turistico-alberghiera nascente dalla convenzione urbanistica ex L. n. 45 del 1989 stipulata dal Comune di Golfo Aranci in data 13.8.1992” e “dichiara che l’acquisto di cui al presente atto comporta per essa parte acquirente, successori ed aventi causa, la partecipazione obbligatoria al costituendo Consorzio Terrata (del quale la parte venditrice si riserva la costituzione a suo insindacabile giudizio) per la gestione dei servizi comuni e turistico- alberghieri del Villaggio (curati eventualmente anche attraverso apposita azienda alberghiera). Al riguardo la parte acquirente si obbliga ora per allora a farne parte ed osservare tutti gli obblighi e diritti nascenti a suo carico dalle norme statutarie e regolamentari, conferendo sin d’ora alla parte venditrice ampio ed irrevocabile mandato alla costituzione e complessiva regolamentazione”.

Tale clausola faceva anzitutto riferimento alla costituzione di un “consorzio” oggetto di riserva a favore della stessa parte venditrice e pertanto meramente eventuale. Un consorzio siffatto, inoltre, mai costituito né in alcun modo regolamentato, avrebbe dovuto riguardare “ la gestione dei servizi comuni e turistico-alberghieri del Villaggio”, di quei servizi cioè che hanno natura meramente integrativa ed accessoria rispetto alla prestazione principale oggetto di una prestazione alberghiera, consistente nella concessione in locazione delle unità immobiliari ad una generalità indistinta ed indifferenziata di soggetti e per periodi di tempo predeterminati. Non era stato previsto (né trascritto), invece, alcun obbligo espresso per gli acquirenti di conferire alla venditrice, o ad apposita azienda alberghiera da quella individuata, la disponibilità totale dell’appartamento per attuarne un’utilizzazione di natura ricettiva, ordinaria e costante e non sporadica o soltanto stagionale, e al riguardo, anzi, attraverso la deposizione di un teste (D.M.) che si era occupata della vendita dei singoli appartamenti, era stato accertato che erano intercorsi accordi soltanto verbali con gli acquirenti il cui tenore era “se voi volete noi ve lo affittiamo”.

Hanno ulteriormente ravvisato, pertanto i giudici del merito gli estremi del reato di lottizzazione abusiva per effetto del mutamento di destinazione d’uso delle costruzioni in corso di edificazione che, pur se meramente funzionale, ha inciso sui parametri urbanistici legittimanti la stessa lottizzazione, che aveva potuto essere approvata solo sull’indefettibile presupposto dell’utilizzazione di un indice di fabbricabilità (in deroga) non applicabile alle costruzioni residenziali.

5. Le argomentazioni difensive riferite all’interpretazione della legislazione regionale.

5.1 Secondo l’assunto dei ricorrenti, sarebbe erronea l’interpretazione accusatoria secondo la quale la realizzazione del complesso “Terrata 1” avrebbe esaurito la potenzialità edificatoria dell’intera area. Il programma di fabbricazione del Comune di Golfo Aranci prevedeva in zona F, la possibilità di deroga alberghiera all’indice territoriale ordinario pari a 0,001 mc./mq, senza stabilire però,  un indice massimo di fabbricabilità per la deroga, sicché la normativa di riferimento, in materia di indici, doveva ritenersi contenuta nel c.d. “Decreto Fioris” del 20 dicembre del 1983, n. 2266/U, che prevedeva un indice di territoriale massimo pari a 0,375 mc./ mq.  Sulla base di tale indice, la s.r.l. “R.S.” avrebbe potuto realizzare 35.000 mc. (superiori si 34.000 mc. effettivamente autorizzati).

Al riguardo va rilevato che l’indice di fabbricabilità territoriale (definito altresì con la locuzione “limite di densità edilizia territoriale”) costituisce il valore percentuale con cui si esprime il rapporto massimo consentito tra metri cubi edificabili e metri quadrati della superficie di una determinata zona del territorio comunale. Esso designa, pertanto, la quantità massima di volumi realizzati o realizzabili entro un determinato ambito territoriale di una zona territoriale omogenea.

Nella specie la difesa impropriamente assume l’applicabilità diretta del c.d. “Decreto Fioris” del 20 dicembre 1983 n. 2266/U (Disciplina dei limiti e dei rapporti relativi alla formazione di nuovi strumenti urbanistici ed alla revisione di quelli esistenti nei Comuni della Sardegna) senza tenere conto, però, che nel frattempo era stato adottata una variante del programma di fabbricazione del Comune di Golfo Aranci che, proprio in applicazione di quel decreto assessoriale, aveva fissato un indice territoriale massimo pari a 0,10 mc./mq, indice tutelato  dalle misure di salvaguardia. A  fronte di tale indice, l’ampliamento autorizzato si correlava, invece, ad “un indice fondiario, compreso l’esistente, mediamente di 0,24 mc/mq.”.

Resta, in ogni caso, la già evidenziata illegittimità della deroga alla ordinaria distanza dal mare e la stessa “possibilità” di ulteriore deroga alle volumetrie risulta compromessa dalla mutata destinazione d’uso ( i ricorrenti affermano in proposito, nel ricorso, che “l’esaurimento delle cubature riguardava l’area impegnata dalle cubature residenziali”).

5.2 Quanto all’interpretazione della L.R. n. 11 del 1992, art. 3, si ammette che “detta norma fa cessare dal momento della sua entrata in vigore 22.6.1992 n.d.r. la facoltà di deroga per gli insediamenti turistico-ricettivi, mantenendo tale facoltà solo per gli alberghi in senso stretto e tradizionale con un rapporto di almeno 100 mc. per posto letto” (pag. 16 del ricorso). Si eccepisce, però, che tale articolo  “non sancisce alcuna decadenza e/o inefficacia o revoca di nulla-osta rilasciati in precedenza” e, nella specie, del nulla-osta rilasciato il 27.3.1991.

Deve rivelarsi, al riguardo, che:

–        la L.R. n. 45 del 1989, art. 12, come modificato dalla L.R. N. 11 del 1992, art. 3 (poi abrogato dalla L.R. 25 novembre 2004, n. 8, art. 9, comma 1, a decorrere dal 26.11.2004) era testualmente formulato come segue:

“1. Nei territori compresi entro una fascia di due chilometri dal mare, fino all’approvazione dei piani territoriali paesistici di cui ai precedenti articoli 10 e 11 e per un periodo non superiore a trenta mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, è vietato realizzare opere nuove soggette a concessione edilizia, ad autorizzazione, nonché ogni nuova modificazione dell’assetto del territorio con esclusione delle opere ricadenti nelle zone classificate A, B ,C, e D negli strumenti urbanistici 2266/U. E’  altresì vietato procedere all’adozione di nuove varianti agli strumenti urbanistici vigenti.

Le varianti sono ammesse, previo nulla-osta della Giunta Regionale, quando riguardino la realizzazione di opere pubbliche e quando non rappresentino modifiche sostanziali.

2. Sono comunque consentiti (omissis) ….

3. Eventuali deroghe sono accordate dal sindaco, previa deliberazione del consiglio comunale e nulla osta della Giunta Regionale, sentito il  C. T. R.U. nonché previa autorizzazione di cui alla L.  29 giugno 1939 , n. 1497, art 7.

4. Sono fatte salve le opere di urbanizzazione e di servizio pubblico o comunque preminente interesse pubblico. Sono altresì fatti salvi gli alberghi così come definiti nella L.R. 14 maggio 1984, n. 22, sempre che  nella costruzione dell’opera venga rispettato il rapporto di almeno 100 mc. per mare, previste dai piani attuativi già convenzionati che abbiano avviato la realizzazione delle opere di urbanizzazione alla data del 17 novembre 1989, previa autorizzazione di cui alla L. 29 giugno 1939, n. 1497, art. 7, comma sostituito dalla L.R. 22 giugno 1992, n. 11, art 3.

5. ( omissis)….

6. Salvo che per la esecuzione delle opere di cui ai precedenti punti non è ammesso il rilascio di ulteriori concessioni od autorizzazioni edilizia.

Eventuali concessioni ed autorizzazioni rilasciate in data successiva alla entrata in vigore della presente legge sono comunque sospese sino all’approvazione ed alla verifica di compatibilità col piano territoriale paesistico e per un periodo non superiore a due anni”. – la L.R. n.45 del 1989, art. 13, come modificato dalla L.R. n. 11 del 1992, art. 4 (poi abrogato dalla L.R. 25 novembre 2004, n. 8 art. 9, comma 1, a decorrere dal 26.11.2004) era testualmente formulato come segue:

“ 1. Fino all’approvazione dei piani territoriali paesistici, e per un periodo non superiore a trenta mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge:

–        sul mare territoriale;

–        sulla fascia di 500 metri dal mare, valgono le norme di cui all’articolo precedente con le seguenti prescrizioni:

a)     divieto di procedere alla predisposizione di varianti agli strumenti urbanistici vigenti;

b)     divieto di realizzazione delle opere consentite di cui al comma 2, dell’articolo precedente fatta eccezione per le opere di cui al punto a);

c)     sono fatte salve le opere di urbanizzazione e di servizio pubblico o comunque il preminente interesse pubblico lettera sostituita dalla L.R. 22 giugno 1992 n. 11, art 4).

( omissis)……”

Dalla semplice lettura delle disposizioni legislative dianzi trascritte, appare ad evidenza l’esattezza delle affermazioni dei giudici del merito secondo le quali:

–        ai sensi dell’art. 12, comma 6, modificato dalla L.R. n. 11 del 1992 , a decorrere dal 22.6.1992, non potevano più essere rilasciate concessioni edilizie quali quelle rilasciate invece alla s.r.l. “ R.S.” il 31.8.1992 ed il 23.11.1992;

–        nessuna perdurante efficacia poteva riconoscersi al nulla-osta regionale del 27 marzo 1991 ( per la deroga al divieto di edificabilità entro i 500 metri dal mare), non perché la stessa L.R. n. 45 del 1989 , art. 12, faceva salve solo ed esclusivamente le lottizzazioni già convenzionate in cui le opere di urbanizzazione fossero state iniziate entro il 17.11.1989 ( ipotesi che con evidenza non ricorreva nel caso di specie, in quanto la convenzione di lottizzazione veniva stipulata il 13.8.1992 e la concessione edilizia per l’esecuzione delle opere di urbanizzazione primaria previste in convenzione veniva rilasciata in data 31.8.1992).

5.3 In relazione alla L.R. 29 dicembre 1992, n. 22 art. 1, i ricorrenti richiamano i contenuti della delib. Giunta Regionale n. 5/52 del 10.2.1993 e del decreto  interassessoriale n. 112 del 19.2.1993, che nel disporre la sospensione temporanea dell’ efficacia di nulla – osta già rilasciati, non ricomprendono tra gli stessi quello rilasciato alla s.r.l. “ R.I.T.A. Sarda” ( per intervento ricadente in zona qualificata “ già antropizzata e compromessa”), prospettando che ciò confermerebbe la perdurante validità dei nulla-osta non elencati e ricadenti in zone classificate “ di conservazione integrale” dai piani territoriali paesistici adottati. La sentenza impugnata effettivamente non contiene riferimenti a questi ultimi due provvedimenti, ma tale manchevolezza resta superata dalle razionali argomentazioni in essa svolte circa il particolare regime previsto per le “ aree di conservazione integrale” in un contesto normativo che prescrive comunque, nelle aree diverse, la impossibilità di rilasciare concessioni edilizie, apportare varianti agli strumenti urbanistici, realizzare opere nuove e nuove modificazioni della destinazione d’ uso.

6. Le argomentazioni difensive riferite al mutamento della destinazione d’uso.

Si sostiene in ricorso che la vendita di unità alberghiere a privati non comporterebbe il mutamento di destinazione d’uso delle stesse a residenziale, con riferimento anche ad un’interpretazione di autorevole dottrina secondo la quale pure “le case – albergo devono essere considerate alberghi se, indipendentemente dalle proprietà delle singole unità abitative, dispongono di una organizzazione imprenditoriale che gestisce i servizi comuni e dia in locazione i singoli appartamenti secondo le regole comuni al contratto di albergo.. In linea di principio, quindi, non può a priori affermarsi che si perdano i tratti caratteristici della casa – albergo e si ricada sotto il regime del condominio (e quindi dell’ edilizia a carattere residenziale) ogni qualvolta la proprietà dei singoli appartamenti di una casa – albergo sia alienata a terzi. Per mantenere integra la fisionomia della casa – albergo non è però sufficiente che il proprietario gestore si riservi la proprietà dei servizi comuni, ma è altresì necessario che nel contratto di alienazione sia previsto l’obbligo a carico degli acquirenti e dei loro aventi causa di attuare una gestione di tipo alberghiero per le rispettive parti di proprietà esclusiva ovvero che l’esercizio di essa sia affidato ad un’ impresa che provveda alla gestione comune del complesso e dei servizi accessori”.

L’art. 10 della convenzione di lottizzazione espressamente prevedeva che  “tutti gli immobili oggetto della presente convenzione si intendono vincolati per un ventennio decorrente dalla data del certificato di agibilità ad uso turistico-alberghiero”.  Secondo l’assunto difensivo, pertanto, la valutazione della destinazione turistico-alberghiera, nel caso in esame, poteva intervenire solo ed esclusivamente a partire dalla data del rilascio del certificato di abitabilità che, a sua volta, presuppone l’ultimazione dei lavori. L’anzidetta prospettazione dottrinaria è condivisibile ma, nella vicenda che ci occupa, i giudici del merito – con motivazione congrua e razionale – hanno dimostrato proprio la inesistenza di una organizzazione imprenditoriale preposta alla gestione dei servizi comuni ed alla concessione in locazione dei singoli appartamenti compravenduti secondo le regole comuni al contratto di albergo.. Speciosa appare, invece, la pretesa postergazione della decorrenza del vincolo in una situazione in cui il vincolo  stesso resta già vanificato da alienazioni ad uso evidentemente residenziale. E’ vero che, secondo una remota sentenza di questa Corte, il mero mutamento di destinazione d’ uso non è idoneo ad integrare il reato di lottizzazione abusiva, poiché “ una corretta interpretazione della L. n. 47 del 1985, art. 18, non consente di intravedere il reato di lottizzazione abusiva SE non quando siano modificati i terreni e non gli edifici” (Cass., Sez. 3^, 8.5.1991, Ligresti ed altro); nella specie, però la modifica di una destinazione indispensabile per legittimare la deroga a previsioni pianificazione limitative comporta inscindibilmente una illegittima la deroga a previsioni pianificazione limitative comporta inscindibilmente una illegittima modificazione del territorio costiero, che resta vulnerato e compromesso da una attività edilizie in esso vietate.

7. L’elemento soggettivo della contravvenzione di lottizzazione abusiva.

Le Sezioni Unite di questa Corte Suprema – con sentenza del 3.2.1990, ric. Cancilleri – hanno affermato che il reato di lottizzazione abusiva si configura  come una contravvenzione di natura esclusivamente dolosa, “per la cui sussistenza è necessario che l’evento sia previsto e voluto dal reo, quale conseguenza della propria condotta cosciente e volontaria diretta a limitare e condizionare, con ostacoli di fatto e di diritto, la riserva pubblica di programmazione territoriale”.

Tale interpretazione, però, anche qualora la si volesse ritenere limitata alle sole ipotesi di lottizzazione negoziale, deve essere riconsiderata alla stregua di quanto enunciato dalle stesse Sezioni Unite con la sentenza 28.11.2001, Salvini ed altri.

Ritiene, in proposito, questo Collegio – non condividendo le contrarie argomentazioni svolte da autorevole dottrina – che oggetto del dolo possono essere solo gli elementi costitutivi del reato e non anche l’offesa (lesione o messa in pericolo) dell’interesse protetto (vedi, per le relative argomentazioni, Cass. Sez 3^, 29.10.1983, n. 9048; Modenese e Sez. 1^: 12.4.1980, n. 4779, Reischert; 8.11.1978, n. 13537, Capriati).

Nella nozione di dolo delineata dall’art. 43 c.p. c., infatti, “ l’evento dannoso o pericoloso”, che deve essere previsto (momento conoscitivo) e voluto (momento volitivo) dell’agente, va inteso nel senso di risultato naturale della condotta.

Quanto alle fattispecie incriminatrici attualmente delineate dal D.P.R. n. 380 del 2001, art 30:

–        lo scopo della tutela è duplice ed è rivolto ad impedire: a) sia che venga compromessa la potestà, attribuita ai Comuni, di effettuare razionali ed armoniche scelte urbanistiche mediante gli specifici strumenti  di pianificazione previsti dalla legge, b) sia che un processo di urbanizzazione incontrollata comporti la nascita di agglomerati edilizi privi delle infrastrutture primarie e secondarie necessarie per la loro integrazione urbanistica, con conseguente imposizione agli stessi secondarie necessarie per la loro integrazione urbanistica con conseguente imposizione agli stessi Comuni di ingenti spese per dotazioni infrastrutturali;

–        nei reati di lottizzazione (che sono caratterizzati da una articolazione particolarmente ampia di possibili modalità esecutive ma si configurano già come reati di pericolo) il legislatore ha anticipato il momento di rilevanza penale del fenomeno, per evitare che lo stesso possa incidere in modo irrimediabile sull’assetto del territorio; non occorre, però, che la volontà dell’agente sia protesa a vanificare le anzidette finalità di tutela, essendo sufficiente che egli compia attività rivolte alla trasformazione di terreni, con inizio di opere edilizie o di urbanizzazione, ma anche soltanto con atti giuridici indirizzati a realizzare l’edificazione, in violazione delle prescrizioni degli strumenti urbanistici, vigenti o adottati, o comunque stabilire da leggi statali o regionali. Il reato si connette sempre e soltanto all’inosservanza delle “ prescrizioni” urbanistiche anzidette, sicché il venditore non può predisporre l’alienazione in una situazione produttrice di alterazione o immutazione circa la programmata destinazione della zona ed il soggetto che acquista deve essere cauto e diligente nell’acquistare conoscenza delle previsioni urbanistiche e pianificazione di zona.

Dopo che le Sezioni Unite poi, con la sentenza Salvini del 2001, hanno riconosciuto 8 in perfetta aderenza, del resto, al testuale dettato normativo) che il reato di lottizzazione abusiva è a consumazione alternativa, potendo realizzarsi sia per il difetto di autorizzazione sia per il contrasto con le prescrizioni di legge o degli strumenti urbanistici, risulta ad evidenza contraddittorio escludere ( alla stessa stregua di quanto pacificamente ritenuto per la contravvenzione di esecuzione di lavori in assenza o in totale difformità dalla concessione edilizia) che la contravvenzione medesima, sia negoziale che materiale,  possa essere commessa per colpa, ( vedi, nello stesso senso, Cass. Sez. 3 ^: 11. 5.2005, Stiffi ed altri; 1.7.2004 , Lamedica ed altri).

Deve concludersi, pertanto, nel senso che non è ravvisabile alcuna eccezione al principio generale stabilito per le contravvenzioni dall’art 42 c.p., comma 4, restando  ovviamente esclusi i casi di errore scusabile sulle norme integratrici del precetto penale e quelli in cui possa trovare applicazione dell’art 5 c.p., secondo l’interpretazione fornita dalla pronuncia n. 364 / 1998 della Corte Costituzionale.

Nella specie, comunque, i giudici del merito hanno congruamente evidenziato gli elementi volontari ed intenzionali dei soggetti agenti, individuandoli già dalla ambigua predisposizione di un piano di lottizzazione presentato come “ ampliamento di un complesso turistico alberghiero”, laddove invece il preesistente “Villaggio Terrata 1” aveva sostanziali caratteristiche residenziali. Sintomatiche significazioni razionalmente vengono poi tratte anche dalla capziosa formulazione di contratti di vendita delle singole unità immobiliari, in un disegno di osservanza soltanto formale del vincolo di destinazione ma di sostanziale “ aggiramento” di esso. 8. La confisca dei terreni abusivamente lottizzati. Legittimamente è stata disposta, a norma della detta L. n. 47 del 1985, art 19 (riprodotto dal D.P.R. n. 380 del 2001, art 44, comma 2), la confisca “ dei terreni abusivamente lottizzati”.

Trattasi – secondo la giurisprudenza ormai costante di questa Corte Suprema – di sanzione amministrativa che deve essere obbligatoriamente applicata dal giudice penale che accerti la sussistenza di una lottizzazione abusiva, indipendentemente da una pronuncia di condanna, eccettuata esclusivamente l’ipotesi di assoluzione perché il fatto non sussiste (vedi Cass., Sez 3^: 30.9.1995, n. 10061, ric. Barletta ed altri; 20.12.1995, n. 12471, ric P.G. in proc. Besana ed altri; 12 .12.1997, n. 11436, ric. Sapuppo ed altri; 23.12.1997, n. 3900, ric, Farano ed altri; 11.1.1999, n. 216, ric Iorio Gnisci Asoltato ed altri, 6.5.1999, n. 777, ric. Iacoangeli; 8.11.2000 n. 3740, ric Petrachi ed altri; 4.12.2000, n. 12999, ric Lanza).

9. Le questioni di legittimità costituzionale.

I ricorrenti hanno proposto la questione della legittimità costituzionale

a)     della L. n. 47 del 1995, art 19, (attualmente D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, comma 2, n.d.r.), sull’asserito presupposto che:

“Una corretta interpretazione in chiave costituzionale (di detto articolo n.d.r.), esige che la confisca, pur intesa quale sanzione amministrativa, debba pur sempre essere collegata ad una sentenza di condanna e non già di assoluzione, qualunque sia la sua formula. Diversamente opinando, avremmo un duplicato di sanzioni amministrative di identico contenuto, sia pure di diversa denominazione: acquisizione a titolo gratuito in sede amministrativa e confisca in sede penale, con questa fondamentale differenza: in sede amministrativa il sindaco accerta un’inadempienza del privato, per aver posto in essere una lottizzazione carente di previa autorizzazione e come tale, suscettibile, oltre che dell’acquisizione, anche della sanzione penale di cui alla L. n. 47 del 1985, art 20, lett. c); mentre, in sede penale, il giudice ordina la confisca, equivalente all’acquisizione a titolo gratuito, pur in mancanza di una responsabilità penale dell’imputato. Seguendo questa tesi, si avrebbe che il  giudice penale, pur senza ravvisare reato ed emettere sentenza di condanna, effettuerebbe accertamenti di carattere puramente amministrativo, ravvisando gli estremi della lottizzazione abusiva e sostituendosi in tal modo all’autorità amministrativa, nonché al giudice amministrativo, l’unico competente a giudicare la legittimità degli atti amministrativi”.

Prospettano, al riguardo, i ricorrenti un preteso contrasto:

–        con l’art 3 Cost., per irragionevole analogo trattamento sanzionatorio di situazioni oggettivamente diverse, e cioè di chi abbia commesso il reato di lottizzazione e di chi invece sia esente da ogni “rimprovero”;

–        con l’art 42 Cost., comma 2, sotto il profilo della tutela della proprietà, in quanto una persona, pur venendo assolta, sarebbe comunque spogliata dei suoi beni;

–        con l’art. 41 Cost., in quanto persona, pure assolta, vedrebbe ingiustificatamente compromessa un propria iniziativa economica comportante investimenti di ingenti capitali per la valorizzazione della sua proprietà;

–        con gli artt. 24, 101 e 102 Cost., sotto il profilo della possibilità di sovrapposizioni ed interferenze tra autorità amministrativa, organo giurisdizionale amministrativo e giudice penale e di contrasto fra giudicati.

–        b) della L. n. 47 del 1955, art. 18 ( attualmente D.P.R. n. 380 del 2001 n.d.r., art 30) “per violazione dei suesposti parametri costituzionali”, nella parte in cui ravvisa l’ipotesi di lottizzazione abusiva nella diretta violazione della normativa statale e regionale in materia urbanistico –paesistica, autonoma e sganciata ed a prescindere o meno dall’esistenza degli atti amministrativi”.

–        Premesso che la confisca dei beni oggetto di lottizzazione abusiva si connette alla oggettiva illiceità degli stessi, si da colpire anche eventuali proprietari estranei al processo penale, rileva il Collegio (tenuto conto pure delle considerazioni già svolte, al riguardo, da Cass., Sez. 3^, 15.3.2005, n. 10037, Vitone ed altri) la manifesta infondatezza delle anzidette questioni di incostituzionalità, non potendosi ravvisare alcun contrasto della L. n. 47 del 1955, art 19 (attualmente D.P.R. n. 380 del 2001, art 44, comma 2):

–        – con l’art 3 Cost., in quanto chi ha commesso il reato di lottizzazione abusiva è soggetto non solo alla confisca del bene (come chi non l’ha commesso), ma anche all’irrogazione della sanzione penale, per cui non può parlarsi di analogo trattamento sanzionatorio di situazioni oggettivamente diverse;

–        con l’art 41 Cost., e art 42  Cost., comma 2 tenuto comparativamente conto della riconosciute funzioni social della proprietà e dell’iniziativa economica e dell’ esigenza primaria di tutela  e salvaguardia del territorio, cosicché, nel contrasto tra interesse collettivo ed interesse privato, e quindi tra diritti della collettività e del privato, è razionale ce debbano prevalere i primi;

–        con gli artt. 21,101 e 102 Cost., perché la confisca ex art 44 in esame costituisce un provvedimento posto a chiusura di un complessivo sistema sanzionatorio con il quale tuttavia deve essere coordinato.

–        Non è necessario, in proposito, che il giudice penale – nell’adottarlo – accerti previamente la non avvenuta acquisizione delle aree ai sensi del D.P.R. n. 380 del 2001, art 30, comma 8: non si ravvisa, invero, possibilità di incongrue interferenze per eventuale “sovrapposizione”  di provvedimenti ablatori, poiché, anche per effetto della confisca disposta ex art 44, i terreni e gli eventuali manufatti vengono acquisiti di diritto e gratuitamente al patrimonio del Comune nel cui territorio è avvenuta la lottizzazione abusiva.

–        La misura, inoltre, sicuramente non va applicata qualora l’autorità amministrativa, nell’autonomo esercizio del potere ad essa devoluto dalla legge, prima della formazione del giudicato, abbia ritenuto di dovere autorizzare l’intervento lottizzatorio. Il giudice penale, infatti, ha l’obbligo di coordinare le proprie determinazioni con quelle assunte dall’amministrazione o dai giudici amministrativi per l’affermazione di tale principio vedi, tra le decisioni più recenti, sia pure riferite all’ordine di demolizione di manufatti abusivi, Cass. Sez 3^: 19.1.2005, n. 1104, P.G.. in proc. Calabrese ed altro;  26.5.2004, n. 23992, Cena.

Questa Sezione, inoltre, ha affermato che “in materia edilizia, il potere del giudice penale di accertare la conformità alla legge ed agli strumenti urbanistici di una costruzione edilizia, e conseguentemente di valutare la legittimità di eventuali provvedimenti amministrativi concessori o autorizzatori, trova un limite  nei provvedimenti giurisdizionali del giudice amministrativo passati in giudicato che abbiamo espressamente affermato la legittimità della concessione o della autorizzazione edilizia ed il conseguente diritto del cittadino alla realizzazione dell’opera” (così Cass. Sez. 3^, 21.10.2003, n. 39707, Lubrano di Scorpianello).

Va pure richiamato utilmente il principio della separazione dei giudizi e della autonomia ed indipendenza delle giurisdizioni civile, amministrativa e tributaria da un lato e penale dall’altro, con le sole previsioni derogatorie tassativamente previste dalla legge (cfr. Corte Cost., 1.4.1998, n. 85 e Cass., Sez. 3^, 23. 5.2003, n. 22823, Barbieri).

Poco chiari, infine, appaiono i prospettati profili di incostituzionalità della L. n. 47 del 1955, art 18, (attualmente D.P.R. n. 380 del 2001, art. 30). Non si comprende, invero, quale principio costituzionale violerebbe il legislatore che riconnetta la configurazione di una fattispecie di reato ad una diretta violazione di legge” autonoma e sganciata a prescindere o meno dall’esistenza degli atti amministrativi”.

10. Al rigetto del ricorso segue la condanna solidale dei ricorrenti al pagamento delle spese del procedimento.

P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione, visti gli artt. 607, 615 e 616 c.p.p.

Rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti, in solido, al pagamento delle spese processuali.

Dichiara manifestamente infondata la dedotta questione di legittimità costituzionale.

Così deciso in Roma, il 7 novembre 2006

Deposito in Cancelleria il 15 febbraio 2007

 

 

 

 

 

 

 

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