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Contabilizzazione di calore e rifiuto del condomino

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Il Tribunale di Roma afferma che, in sede di passaggio ad un sistema di contabilizzazione del calore, è legittima la decisione assembleare di attribuire all’unico condomino sprovvisto dei detti contabilizzatori, il consumo pari alla massima potenza calorica del radiatore, come se lo stesso avesse avuto le valvole completamente aperte per tutta la durata di esercizio dell’impianto di riscaldamento.

 

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SENTENZA N. 9477/10

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO  ITALIANO

TRIBUNALE DI ROMA

SEZIONE V CIVILE

La dott.ssa Gisella Dedato, in funzione di Giudice Unico di primo grado,  ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa iscritta al n. R.G. 85277/07 Ruolo Generale Contenzioso

TRA

C.P. e I.C., elettivamente domiciliati in Roma, presso lo studio dell’Avv. E.Z., che li rappresenta e difende con procura in atti

Ricorrenti

E

Condominio via (…) Roma, elettivamente domiciliato in Roma, presso lo studio dell’Avv. M.M., che lo rappresenta e difende con procura in atti

Resistente

FATTO E DIRITTO

I ricorrenti, quali condomini dello stabile di via (…), adivano l’intestato Tribunale, chiedendo la pronuncia di invalidità della delibera adottata il 26.11.2007 dal condominio indicato in epigrafe, limitatamente al punto 4) dell’ordine del giorno, per avere, con la previsione del sistema di contabilizzazione, modificato, in difetto del consenso di tutti i partecipanti del condominio, il riparto delle spese di riscaldamento, così come previsto dal regolamento contrattuale, e per aver stabilito di attribuire il massimo della potenza calorica ai radiatori sprovvisti del sistema di contabilizzazione. Impugnavano altresì l’approvazione del rendiconto delle spese di riscaldamento 2006/2007 e del preventivo 2007/2008 per avere seguito detti criteri nel ripartire le spese.

In ogni caso, ritenevano che la delibera fosse affetta da invalidità per lesione del diritto d’informazione, in quanto con l’avviso di convocazione non erano stati trasmessi tutti i documenti essenziali ai fini della discussione, tant’è che avevano fatto richiesta all’amministratore, pervenuta però successivamente all’assemblea, di trasmettergli i predetti documenti.

La domanda è infondata e non merita pertanto accoglimento.

La L. n. 10/91 ha individuato un sistema di riscaldamento condominiale definibile come “contabilizzazione differenziata dei consumi di calore”, applicabile agli impianti centralizzati e determinante una ripartizione della spesa in base agli effettivi consumi.

In particolare, si osserva che l’art. 26 n. 5 della legge testè citata stabilisce che: “per le innovazioni relative all’adozione di sistemi di termoregolazione e di contabilizzazione del calore e per il conseguente riparto degli oneri di riscaldamento in base al consumo registrato, l’assemblea di Condominio decide a maggioranza, in deroga agli artt. 1120 e 1136 c.c.”.

La ratio di tale scelta del legislatore non può non individuarsi nella necessità di consentire un più facile e rapido raggiungimento di una maggioranza che approvi l’esecuzione d’interventi finalizzati e realizzare l’obiettivo voluto dalla normativa del ’91, consistente in un concreto e significativo risparmio energetico.

E’ stato a riguardo specificato che nel contrasto tra l’interesse particolare del condomino a non vedere modificare i criteri di riparto previsti dal regolamento o dalla legge e l’interesse generale a favorire il risparmio energetico, il legislatore si è orientato nel senso di attribuire prevalenza all’interesse più aderente al concetto di utilità sociale, giungendo, per tal motivo, a modificare ed abbassare i “quorum” assembleari per interventi rispetto ai quali, secondo le norme del codice civile, sarebbe stata necessaria la maggioranza qualificata delle innovazioni o, addirittura, l’unanimità.

Si è, quindi, ritenuto che le disposizioni di cui alla L. citata, recante norme in tema di uso razionale dell’energia e per il risparmio energetico, per il loro carattere pubblicistico prevalgono sulla disciplina privatistica, donde l’autonomia negoziale dei privati risulta limitata.

Ne consegue che, sebbene il regolamento contrattuale prevede il riparto delle spese di gestione del riscaldamento su base millesimale, non è necessaria l’unanimità dei consensi per decidere di innovare l’impianto con la creazione del sistema di contabilizzazione, né tantomeno la maggioranza qualificata di cui all’art. 1136, 5 comma, c.c., essendo sufficiente la maggioranza semplice.

Nel caso di specie, pertanto, essendo stata adottata la delibera con la maggioranza dei presenti nessuna invalidità può rilevare.

Né tantomeno può ritenersi arbitraria la decisione di attribuire la massima potenza calorica ai radiatori che sono sprovvisti di contabilizzatori del calore, in quanto, non essendo provvisti i radiatori di valvole di chiusura, come dedotto dal condominio e non contestato dai ricorrenti, appare ragionevole ritenere che il consumo sia pari alla massima potenza calorica del radiatore. D’altronde i ricorrenti sarebbero tenuti in forza della vincolatività ed efficacia della delibera ad installare sui radiatori di loro pertinenza dei termostati e dei contabilizzatori del calore.

Per quanto fin qui detto, il rendiconto consuntivo e quello preventivo avendo applicato criteri conformi a legge non sono invalidi.

Ed infine, anche la doglianza relativa al difetto d’informazione è infondata.

Si deve, al riguardo, premettere che ciascun condomino ha un diritto di informazione in relazione agli argomenti oggetto di successive assemblee. Ha, infatti, il diritto a partecipare all’assemblea attraverso un attivo intervento nella discussione tendente anche ad influenzare le decisioni assembleari in senso favorevole ai propri interessi; pertanto l’utile partecipazione alla discussione presuppone una corretta informazione sulla gestione condominiale, che si concretizza nella possibilità di effettuare un’adeguata disamina preventiva della documentazione contabile che sarà posta a base delle decisioni assembleari.

E’ necessario, quindi, consentire ai condomini che intendano approfondire alcuni aspetti degli argomenti posti all’ordine del giorno di esaminare la documentazione attinente a quest’ultimi e da essi richiesta all’amministratore.

Sotto tal profilo è evidente che la compressione della facoltà di prendere visione dei documenti estende i suoi effetti sul voto espresso da ciascuno dei partecipanti all’assemblea e dunque sulla formazione della volontà della maggioranza, dando così vita a delibere annullabili, incidendo, per l’appunto, sul procedimento di formazione delle delibere assembleari.

Ciò premesso, si osserva, però, che, nel caso in esame, la lesione del diritto d’informazione non  si è verificata, in quanto il diritto d’informazione di cui si discute deve essere esercitato secondo correttezza, non potendosi risolvere in un intralcio alla gestione e in un onere economico per il condominio, donde non si può pretendere, come hanno fatto i ricorrenti, la trasmissione in copia dei documenti condominiali di volta in volta richiesti presso il proprio domicilio ed a spese del condominio, ma al contrario bisogna richiedere tempestivamente all’amministratore un appuntamento per visionare la documentazione ed estrarne eventualmente copia a proprie spese.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo

P.Q.M.

Ogni contraria istanza, deduzione ed eccezione disattesa;

rigetta la domanda proposta dai ricorrenti;

condanna i predetti al pagamento delle spese di lite in favore del Condominio indicato in epigrafe, che liquida in complessivi Euro 2000,00, di cui Euro 200,00 per spese, Euro 800,00 per competenze, Euro 1000,00 per onorari, oltre Iva e Cpa.

Così deciso in Roma, il 16 aprile 2010.

IL GIUDICE

Dott.ssa Gisella Dedato

Depositato in Cancelleria il 29 aprile 2010

 

 

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