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Reato di furto e appropriazione di cose smarrite

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La distinzione tra il reato di furto o ricettazione e quello meno grave di appropriazione di cose smarrite va individuata nella condotta del reo. In particolare sarà ravvisabile il reato di appropriazione di cose smarrite, e non quello di furto, quando emerge che il reo era consapevole che la cosa altrui era smarrita.

 

 Studio Legale Avv. Vito Sola
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SENTENZA 164/15

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

TRIBUNALE ORDINARIO DI SIENA

In composizione monocratica, in persona del Giudice Dott.ssa Silvia Romeo,

nel procedimento penale di primo grado in epigrafe indicato, alla pubblica udienza del 5 marzo 2015,  ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei confronti di :

X.Y., libero assente;

difeso di fiducia dall’Avv. Vito Sola del Foro di Roma:

IMPUTATO

del reato p.e p. dall’art. 648 c.p., per come descritto nell’allegato decreto di citazione diretta a giudizio; con l’assistenza del cancelliere; con l’intervento del Pubblico Ministero in persona della Dott.ssa M. Sebaste (VPO) e del Dott. Domenico Navarretta in sostituzione ex art. 102 c.p.p del difensore dell’imputato

CHE HANNO CONCLUSO COME SEGUE:

IL PM: derubricazione del capo di imputazione in furto aggravato dalla destrezza 624 e 625 n. 4 c.p., condanna a mesi 9 di reclusione ed euro 300,00  di multa;

LA DIFESA: assoluzione piena e in subordine minimo della pena;

MOTIVI DELLA DECISIONE

X.Y.  è stato tratto a giudizio innanzi al presente Tribunale con decreto di citazione diretta ritualmente notificato per rispondere del delitto di ricettazione di un telefono cellulare ai danni di B.S.. All’udienza del 16 aprile 2014, disposta la rinnovazione del dibattimento a seguito del mutamento della persona fisica del Giudice, le parti si sono riportate alle precedenti richieste istruttorie ed il Giudice alla precedente ordinanza ammissiva; quindi, escussi i testi delle parti alle successive udienze del 16 luglio 2014 e del 5 marzo 2015 e chiusa l’istruttoria, le parti hanno concluso nel senso sopra indicato ed il Giudice ha dato lettura del dispositivo riservandosi in giorni sessanta per il deposito della motivazione atteso il carico del ruolo.

In punto di fatto dall’istruttoria dibattimentale è emerso quanto segue.

In primo luogo è escussa la persona offesa del reato presupposto della contestata ricettazione: B. S.. La teste ha dichiarato che il giorno 1 marzo 2012 si è recata presso l’ospedale di Nottola per andare a trovare un’amica lì ricoverata nel reparto maternità (in quanto aveva appena partorito) e che una volta giunta nel parcheggio ha ricevuto una telefonata trattenendosi all’interno dell’abitacolo della sua auto; quindi, terminata la telefonata, è scesa dalla macchina con il telefono in mano ed ha appoggiato tutto sbadatamente e velocemente sul cofano della sua macchina e si è allontanata verso l’entrata, trattenendosi anche in prossimità dell’ingresso dell’ospedale per fumare una sigaretta. Quindi, ancora senza entrare, si è riavvicinata alla propria autovettura per recuperare il regalo acquistato per l’amica e si è avviata nuovamente verso l’ospedale. Salendo la scalinata centrale dell’ospedale, la teste ha frugato dentro la borsa per cercare un fazzoletto, rendendosi al contempo conto dell’assenza del cellulare. Al che la teste è tornata alla macchina cercando intorno alla stessa e non trovando nulla. La teste ha precisato che l’ultimo ricordo del cellulare (con relativa custodia in similpelle nera) è stato quando lo ha lasciato sul cofano dell’auto e che quando ha appoggiato il cellulare sul cofano c’erano molte persone attorno, che il cellulare era completamente carico ed acceso, ma quando è salita in reparto dall’amica ed ha provato a chiamare la sua utenza lo stesso risultava spento. Da ultimo, la teste ha aggiunto che in sede di denuncia querela ha fornito il codice IMEI del proprio cellulare, marca Iphone 4, del valore di circa 600,00 euro e che il telefono comunque le è stato restituito dagli operanti dopo alcuni mesi privo di ogni suo contenuto (video, messaggi, foto e contatti).

Su quest’ultima circostanza, ossia la restituzione del cellulare, ha riferito il teste Macrì Giorgio, in servizio presso la Polizia postale di Siena, a cui l’odierno imputato ha restituito il cellulare in questione, dopo esser stato individuato ed invitato da altri operanti alla restituzione del bene (verbale di restituzione del 27 luglio 2012 in atti).

Quanto agli accertamenti ed all’individuazione di X.Y., è stato escusso il teste M. L., in servizio presso la Polizia postale di Arezzo ove si è recata B. S. per presentare denuncia querela. L’operante su delega della Procura di Siena ha acquisito il traffico telefonico del cellulare in base al codice IMEI fornito dalla persona offesa, appurando che successivamente al furto, ossia circa due o tre giorni dopo, era stata inserita una prima scheda intestata ad un certo C. per un solo giorno e poi una scheda intestata a P. A. per diversi giorni (dal 5 marzo alla data di acquisizione dei tabulati, tabulati in atti), anche appurando che tra i due soggetti vi era un rapporto di parentela.

Quindi è estato escusso il teste a difesa C. G., amico dell’imputato, il quale ha riferito che il 29 febbraio 2012 è nato il figlio dell’imputato e che quella stessa sera quest’ultimo gli aveva chiesto di fermarsi a casa sua per non rimanere solo. Sempre con riferimento alla sera del 29 febbraio 2012, il teste ha ricordato che è caduto il cellulare dell’imputato davanti alla foto del padre defunto e che P.  ha esclamato “speriamo che si rompe così mi compro l’I-phone!”; quindi, il giorno dopo, 1 marzo 2012, verso le sette e mezza di sera mentre erano seduti in sala di attesa hanno notato un cellulare I-phone con la custodia di similpelle nera per come descritta da B. su un tavolinetto tra una sedia e l’altra e l’imputato ha interpretato tale rinvenimento come un segno del cielo (o meglio un regalo) del citato padre defunto. Il teste ha dichiarato di non aver preso in mano il cellulare, ma di ritenere che non fosse acceso e che la scheda sim fosse bloccata, quindi ammettendo anche esplicitamente che vi era una scheda sim. Il teste ha aggiunto che nei giorni successivi l’imputato aveva con sé il cellulare e vi aveva anche inserito la propria scheda, anche facendogli notare al teste che il telefono funzionava.

Da ultimo, è stato escusso il teste S. E., padre della convivente dell’imputato, non avvisato della facoltà di cui all’art. 199 c.p.p. atteso che tale norma non è suscettibile di interpretazione estensiva, avendo il legislatore provveduto ad individuare, sulla base di criteri improntati alla ragionevolezza e quindi conformi ai principi costituzionali, quelle posizioni che, anche nell’ambito del rapporto familiare “di fatto”, sono state ritenute meritevoli di considerazione in relazione alle finalità della norma (vedi sul punto anche Cass. Sez. 2, Sentenza n. 6726 del 28/03/1995 Rv. 2011771). Il teste ha confermato le circostanze del rinvenimento per come esposte dal teste precedente e aggiungendo che non vi era nessun altro nella sala.

Tanto accertato in fatto, ritiene il Tribunale che sulla base delle sopra esposte evenienze istruttorie possa affermarsi la sussistenza a carico di X.Y. di tutti gli elementi oggettivi e soggettivi del delitto di appropriazione di cose smarrite di cui all’art. 647 c.p., così riqualificato il fatto a lui contestato.

Difatti, quanto al reato presupposto dall’istruttoria è emerso che il giorno 1 marzo 2012 sia la persona offesa che l’imputato si sono trovati nel medesimo luogo ed invero nel medesimo reparto, quello di ginecologia ostetricia dell’ospedale di Nottola; rispettivamente, la persona offesa per fare una visita di cortesia ad un’amica che aveva appena partorito e l’imputato per vedere la sua compagna e suo figlio nato il giorno precedente. B. S. dichiara di avere l’ultimo ricordo del proprio cellulare nel mentre lo appoggiava sul cofano della propria macchina accanto alla borsa lasciandolo sicuramente incustodito, ma la stessa ha poi precisato anche di essersi accorta dell’assenza del telefono proprio frugando nella predetta borsa (che quindi aveva invero portato con sé e che era accanto al cellulare in questione secondo la sua ricordanza) solo in un momento successivo e di essere comunque stata nel reparto ove l’imputato ha dichiarato di aver trovato il cellulare quel medesimo giorno. Dunque, pur ritenendo del tutto attendibile la complessiva testimonianza della persona offesa, peraltro riscontrata per il giorno e per il luogo anche dai testi a difesa, con particolare riferimento alla specifica circostanza del luogo in cui avrebbe dimenticato o lasciato comunque incustodito il proprio cellulare, il ricordo della stessa non può inevitabilmente ritenersi attendibile. E del resto, considerato il discrimine tra mera dimenticanza di un oggetto (il cui successivo impossessamento da parte di un terzo potrebbe esser qualificato come furto) e smarrimento del bene (il cui successivo impossessamento da parte di un terzo potrebbe qualificarsi come appropriazione di cose smarrite), vuoi che la persona offesa abbia lasciato “sbadatamente” il cellulare sul cofano della macchina per un tempo imprecisato in cui si è allontanata (recandosi fino all’ingresso, fumando una sigaretta e poi tornando alla macchina), vuoi che lo abbia lasciato nella sala di attesa del reparto di ginecologia ove si è recata per trovare un’amica, deve comunque ritenersi che non si tratti di una momentanea dimenticanza come nell’esempio classico di un oggetto lasciato momentaneamente nel ristorante (vedi ad esempio, Cass. Sez. II, 18.4.1978) e che non può ritenersi provata la commissione di un furto del cellulare in questione quale reato presupposto da parte di un qualsiasi soggetto estraneo od invero da parte dell’imputato (come contestato in sede di discussione dal PM), atteso che secondo gli unici due testi sul punto, C. G. e S. E., l’imputato si è recato nel reparto ove rinvenuto il bene solo in serata, quindi a distanza di tempo rispetto alla B.  che vi si era recata ad ora di pranzo. Di conseguenza, vuoi che un terzo se ne sia appropriato ritendendo il bene smarrito e poi lo abbia lasciato in sala di attesa, vuoi che la persona offesa abbia dimentica il cellulare  in sala d’attesa, deve comunque ritenersi che il cellulare fosse cose smarrita, che per definizione è quella vacua possessionis, non perché l’avente diritto non possa oggettivamente rientrarne in possesso ma perché non sa dove essa si trovi. Quanto alla scheda sim, che la persona offesa ricorda fosse inserita, ed al codice IMEI – pur considerando il contrasto in giurisprudenza in ordine alla necessità della assenza di segni esteriori per la configurabilità del delitto di cui all’art. 647 c.p. piuttosto che quello di furto – questo Giudice non ritiene comunque che gli elementi in questione possano essere qualificati come segni esteriori pubblicitari in grado di consentire ad un privato cittadino l’identificazione del legittimo proprietario. Si rileva difatti che per l’utilizzo a fini identificativi del codice IMEI sono comunque necessari accertamenti disposti dall’Autorità giudiziaria, così come per la scheda sim un privato cittadino non può certo risalire o accedere ai dati anagrafici del titolare di una certa utenza. Da ultimo, atteso che non è sufficiente ad integrare il delitto in oggetto la sola inosservanza dei dettami previsti dal codice civile per la restituzione, dato che l’art. 647 c.p. non è una norma che predispone una sanzione penale per la pura e semplice omissione della procedura civilistica prescritta, si rileva come l’imputato si è appropriato della cosa ritrovata volendo disporne uti dominus, inserendo la propria scheda telefonica ed utilizzandolo per mesi.

Così accertata la sussistenza dell’elemento materiale del reato di cui all’art. 647, co. 1, n. 1, occorre considerare che sotto il profilo dell’elemento soggettivo, il reato in questione richiede il solo dolo generico in quanto non è necessario che la condotta sia indirizzata verso un fine particolare. E’ necessario che l’agente sia consapevole che la cosa altrui è smarrita e questo è compiutamente emerso anche dalla istruttoria dei testi a difesa ed in particolare dalla sostituzione della scheda sim della B.; in ogni caso, se anche X.Y. avesse ritenuto, per errore sul fatto, che la cosa fosse smarrita mentre invece era solo dimenticata (nel senso sopra precisato), risponderà comunque di appropriazione della cosa smarrita seppure ai sensi dell’art. 47 co 2 c.p..

Anche alla luce di tali considerazioni, nessun rilievo ai fini dell’esclusione dell’elemento soggettivo possono avere le dichiarazioni dei testi a difesa secondo cui l’imputato, che non si è sottoposto all’esame delle parti, avrebbe interpretato come un “regalo dal cielo”, cioè dal padre defunto, il rinvenimento del cellulare che desiderava.

Quanto al riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, comunque non espressamente richieste dalla difesa, non sono emersi elementi positivi da valorizzare a tal fine e che per legge non basta la sola incensuratezza dell’imputato, peraltro a fondamento del beneficio di cui all’art. 163 c.p..

Venendo ora al trattamento sanzionatorio, valutati tutti gli elementi di cui all’art. 133 c.p., in specie le modalità del fatto e la non pericolosa personalità del soggetto, il Giudice ritiene congruo applicare all’imputato la pena di € 300,00 di multa. Non ostandovi condizioni di legge ed in considerazione della efficacia deterrente della presente pronuncia si concede il beneficio della sospensione condizionale della pena e la non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale.

Segue per legge, la condanna dell’imputato al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Visti gli artt. 533 e 535 c.p.p., dichiara P. A., colpevole del reato di cui all’art. 647 c.p., così riqualificato il fatto di cui all’imputazione, e per l’effetto lo condanna alla pena di euro 300,00 di multa, oltre al pagamento delle spese processuali.

Visti gli artt. 163 e 175 c.p. concede il beneficio della sospensione condizionale della pena e non menzione della condanna.

            Visto l’art. 544 c.p.p., indica in giorni sessanta il termine per il deposito dei motivi.

Siena, 5 marzo 2015

 

IL GIUDICE

D.ssa Silvia Romeo

 

DEPOSITATO IN CANCELLERIA

SIENA, 4.5.2015

 

 

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Sentenza 164.15 Tribunale di Siena

 

 

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