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Affitto di azienda. Inadempimento. Risoluzione contrattuale

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Il Tribunale di Roma, in un caso di affitto di ramo di azienda, ribadisce che la clausola risolutiva espressa, contrattualmente  prevista, quale modalità di risoluzione del contratto per inadempimento, trova la sua disciplina nell’art. 1456 del codice civile.  La risoluzione del contratto non discende automaticamente dall’inadempimento dell’obbligazione oggetto della clausola risolutiva espressa. E’ necessario che la parte adempiente  manifesti la volontà di avvalersi della clausola  risolutiva espressa manifestando la propria intenzione di avvalersi di tale clausola

Studio Legale Avv. Vito Sola
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SENTENZA 12660/2021

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO 

TRIBUNALE ORDINARIO DI ROMA

QUINTA SEZIONE CIVILE

Il Tribunale, nella persona del Giudice dott.ssa Fabiana Corbo

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

ex art. 429 c.p.c.

nella causa civile di I grado iscritta al n. r.g. 12098/2021 promossa da:

XXX Srl, con il patrocinio dell’avv. SOLA VITO presso il cui studio è elettivamente domiciliata, giusta delega in atti

ricorrente

contro

YYY Srl

resistente contumace

Concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione 

Con ricorso ex art. 447 bis c.p.c ritualmente notificato alla parte resistente la XXX s.rl. ha chiesto accertarsi l’avvenuta risoluzione del contratto di affitto di azienda stipulato con la resistente in particolare:  “Nel merito, accertare e dichiarare che il contratto tra la XXX s.r.l. e la YYY  s.r.l. avente ad oggetto l’affitto del ramo d’azienda di proprietà della XXX  s.r.l., sita in Roma Via V. M.  57, esercente l’attività di autorimessa e officina di riparazione auto e moto a freddo presso il notaio Fernando De Paola in data 26/9/2018, registrato il 27/9/2018 presso l’Agenzia delle Entrate di Roma 1 al n°26193 serie 1T, si è risolto di diritto per effetto dell’inadempimento contrattuale della s.r.l. YYY;

nel merito, condannare la YYY  s.r.l. al pagamento della somma di € 33.033,00, dovuta a titolo di canoni mensili iva inclusa non versati e quote condominiali, oltre a quelli successivi a scadere, oltre interessi di mora (determinati tra le parti nella misura dell’1% ed ex d.lgs. n. 231/2002 a far data dall’introduzione del ricorso) e rivalutazione monetaria;

nel merito, condannare la YYY  s.r.l. all’immediato rilascio del ramo d’azienda di proprietà della XXX  s.r.l., sita in Roma Via V. M.  57 e ad ogni incombente amministrativo necessario;

nel merito, condannare la YYY  s.r.l. al pagamento della somma di € 21.000,00 (somma aggiornata alla data del deposito), oltre interessi di mora ex d.lgs. n. 231/2002 e rivalutazione monetaria, da calcolare per ogni giorno di ritardo ulteriore e fino alla riconsegna del ramo d’azienda, dovuta a titolo di penale per non aver riconsegnato nei tempi richiesti il ramo d’azienda di proprietà della XXX  s.r.l., sita in Roma Via V. M. 57;

nel merito, accertare e dichiarare il diritto della XXX  s.r.l. a trattenere l’importo versato a titolo di cauzione;

in ogni caso, condannare la YYY  s.r.l. al pagamento delle spese generali, forfettarie, ed in via equitativa anche le ulteriori spese sostenute nello svolgimento dell’incarico – come stabilito dalla Cassazione, Sezioni Unite, sent. n. 31030/2019 -, compenso professionale, anche per la procedura di mediazione, oltre rimborso forfettario, iva e cap come per legge, in favore del sottoscritto procuratore che si dichiara antistatario ex art. 93 c.p.c., ivi incluse le spese stragiudiziali per la mediazione obbligatoria”.

Il ricorrente  ha all’uopo spiegato che, nonostante la concordata riduzione del canone mensile, la resistente ha accumulato una morosità pari ad euro 33.033,00. ragione per la quale la ricorrente si è avvalsa della clausola risolutiva espressa di cui all’art.- 3 del contratto ed ha chiesto all’affittuaria la restituzione dell’azienda, richiesta rimasta inascoltata, continuando la resistente a detenere l’azienda senza nulla corrispondere alla concedente.

La resistente ritualmente citata, non si è costituita.

All’odierna udienza, il giudice, dichiarata la contumacia della resistente, verificata la procedibilità della domanda, stante l’esito negativo della esperita procedura di mediazione, rilevata la natura documentale della causa, ha invitato la parte ricorrente alla discussione orale emettendo all’esito la presente sentenza.

Tanto premesso, la domanda può essere accolta.

Va premesso che la clausola risolutiva espressa, quale modalità tipica di risoluzione del contratto per inadempimento, è disciplinata dall’art. 1456 c.c. che prevede la possibilità per le parti di pattuire la risoluzione del contratto nel caso in cui una o più delle obbligazioni che formano oggetto del regolamento contrattuale non siano esattamente adempiute.

Come ribadito dalla Suprema Corte (sent. n. 6634/2012), la risoluzione del contratto non consegue automaticamente all’inadempimento dell’obbligazione oggetto della  clausola risolutiva espressa, in quanto è necessario che la parte fedele manifesti la volontà di avvalersi di tale clausola esercitando il diritto potestativo  di risolvere il contratto con dichiarazione negoziale recettizia; quando ciò avviene, per l’operatività della clausola si deve verificare l’imputabilità dell’inadempimento, in quanto la valutazione in ordine all’essenzialità dello stesso è stata già compiuta in sede di stipulazione del contratto. Occorre, poi, che la clausola contenuta nel contratto si riferisca ad una specifica obbligazione contrattuale e non, genericamente a tutte le obbligazioni derivanti dal regolamento contrattuale.

La risoluzione si verifica ex lege, sicché la successiva sentenza del giudice ha natura dichiarativa della risoluzione già avvenuta e non costitutiva, come invece nella risoluzione per inadempimento  o nella risoluzione per eccessiva onerosità.

Orbene, nel caso di specie, da un lato sussiste l’inadempimento all’obbligo del pagamento dei canoni d’affitto, imputabile alla parte affittuaria (al riguardo, l’onere di dimostrare il tempestivo ed integrale pagamento delle somme contrattualmente dovute incombeva su di essa, ma la debitrice, rimanendo contumace, non ha provato alcunché); dall’altro, però, non vi è prova della ricezione della dichiarazione resa dalla ricorrente ex art. 1456 c.c. (inviata in data 29 settembre 2020), di talché la risoluzione può essere dichiarata, ricorrendo sia i presupposti di cui all’art. 1456 c.c., sia. comunque, quelli per grave inadempimento, a decorrere dalla data della odierna domanda, con conseguente obbligo, da tale data, in capo alla resistente di restituire l’azienda alla concedente.

Per tale ragione, a decorrere dalla  data testé indicata, la detenzione de beni aziendali da parte del resistente risulta sine titulo. La resistente va, quindi, condannata al pagamento dei canoni di affitto  non versati dal mese di aprile 2020, inclusa iva e oneri condominiali ordinari, sino alla data della domanda e al pagamento di una indennità, commisurata al canone di affitto mensile, dalla domanda sino alla data dell’effettivo rilascio dell’azienda.

Le parti, inoltre, con scrittura privata integrativa del contratto di affitto, hanno pattuito sia una penale di euro 200,00 per ogni giorno di ritardo nella riconsegna dell’azienda, sia la perdita del deposito cauzionale versato dalla resistente.

In tema  di clausola penale, tuttavia, il Giudice dispone del potere di riduzione  ad equità, attribuitogli dall’art. 1384  cod. civ. a tutela dell’interesse generale dell’ordinamento, che può essere esercitato anche d’ufficio (v. Cass. Sez. I, Sentenza n. 24166 del 13/11/2006).

La riduzione può effettuarsi laddove “l’obbligazione principale è stata eseguita in parte” ovvero se l’ammontare di essa “è manifestamente eccessivo”.

I criteri che devono essere presi in considerazione nella valutazione sull’eccessività della penale riguardano, principalmente, l’interesse del creditore all’adempimento alla data di stipulazione del contratto e l’effettiva incidenza dell’adempimento sullo squilibrio delle prestazioni e sulla concreta situazione contrattuale, a prescindere da una rigida ed esclusiva correlazione con l’effettiva entità del danno subito (v, Cass. Sez. 6 – I, Ordinanza n. 17731 del 07/09/2015).

Nel caso in esame, la penale, giungendo a creare in capo all’affittuaria un debito di € 6.000,00 per un singolo mese di ritardo nel rilascio, appare manifestamente eccessiva e finisce con il rappresentare, più che un modo per rafforzare il vincolo contrattuale e liquidare preventivamente la prestazione risarcitoria, uno strumento di ingiustificata locupletazione della parte creditrice, la quale, per lo stesso inadempimento della controparte , ha già diritto a ritenere il deposito cauzionale in virtù della scrittura privata integrativa del 17.3.2020 (doc. 4 all. al ricorso).

 

Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Letto l’art. 429 c.p.c.

definitivamente pronunciando il Tribunale, ogni diversa istanza ed eccezione disattesa o assorbita:

1) dichiara risolto per inadempimento della parte affittuaria  il   il contratto tra la XXX s.r.l. e la YYY  s.r.l. avente ad oggetto l’affitto del ramo d’azienda di proprietà della XXX  s.r.l., sita in Roma Via V. M.  57, esercente l’attività di autorimessa e officina di riparazione auto e moto a freddo presso il notaio Fernando De Paola in data 26/9/2018, registrato il 27/9/2018 presso l’Agenzia delle Entrate di Roma 1 al n°26193 serie 1T;

2) condanna la resistente a rilasciare in favore della parte ricorrente l’azienda concessa in affitto, compresi i locali in cui essa è esercitata, libera da persone e cose;

3) condanna YYY S.R.L. a pagare la somma di euro 33.033,00 a titolo di canoni di affitti insoluti, iva inclusa, e quote condominiali non versate, oltre interessi di mora nella misura contrattualmente prevista, dalle singole scadenze,  al saldo, nonché un’indennità commisurata all’importo dell’ultimo canone mensile a decorrere dalla data della domanda sino alla data di effettivo rilascio dell’azienda;

4) condanna YYY S.R.L. a  pagare, in favore della ricorrente, a titolo di penale contrattualmente pattuita , la somma di € 100,00 al giorno, dal dì della domanda sino alla data dell’effettivo rilascio dell’azienda;

5) riconosce a favore della ricorrente il diritto, contrattualmente previsto, in caso di mancata tempestiva riconsegna dell’azienda, di trattenere il deposito cauzionale versato dalla resisnte (con correlativa perdita del diritto di quest’ultima alla restituzione);

6) condanna YYY S.R.L. alla refusione, in favore della ricorrente, delle spese di lite, che liquida in euro 240,00 per esborsi ed euro 8.030,00 per compensi professionali, oltre rimborso forfettario al 15% per spese generali ed i.v.a. e c.p.a come per legge, da distrarsi a favore dell’Avv. Vito Sola che se ne è dichiarato antistatario.

Sentenza emessa all’udienza del 16 luglio 2021

Il Giudice

dott.ssa Fabiana Corbo

Sentenza del Tribunale di Roma n. 12660_2021

 

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