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Apertura di un varco tra due Condominii. Illegittimita’

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In presenza di un edificio strutturalmente unico, su cui insistono due distinti ed autonomi condominii, è illegittima l’apertura di un varco nel muro divisorio tra questi ultimi, volta a collegare locali di proprietà esclusiva del medesimo soggetto, tra loro attigui, ma ubicati ciascuno in uno dei due diversi condominii, in quanto una simile utilizzazione comporta la cessione del godimento di un bene comune, quale è, ai sensi dell’art. 1117 c.c., il muro perimetrale di delimitazione del condominio (anche in difetto di funzione portante), in favore di una proprietà estranea ad esso, con conseguente imposizione di una servitù per la cui costituzione è necessario il consenso scritto di tutti i condomini.

 

Studio Legale Avv. Vito Sola
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20545/2020 

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SECONDA SEZIONE CIVILE

 

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

 

ROSA MARIA DI VIRGILIO – Consigliere –

 

ANTONELLO COSENTINO- Consigliere –

 

GIUSEPPE DE MARZO – Consigliere –

 

MAURO CRISCUOLO – Consigliere –

 

CHIARA SESSO MARCHEIS – Consigliere –

 

ha pronunciato la seguente

 

ORDINANZA

 

sul ricorso 7415-2018 proposto da:

S.r.l., in persona di n.q. di  amministratore delegato e legale rappresentante pro tempore, società in cui si è fusa per incorporazione la  ITALIA S.r.l., elettivamente domiciliata in

ROMA, , presso lo studio  dell’avvocato O, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato D

 

ricorrente –

 contro

 

CONDOMINIO di in Roma, in persona

dell’Amministratore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, , presso lo studio dell’avvocato           , che lo rappresenta e difende;

 

– controricorrente

avverso la sentenza n. 463/2017 della CORTE D’APPELLO di

ROMA, depositata il 25/01/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di  consiglio del 05/03/2020 dal Consigliere GIUSEPPE DE MARZO.

FATTI DI CAUSA

  1. Con sentenza depositata il 25 gennaio 2017 la Corte d’appello di Roma, in accoglimento dell’appello principale del Condominio di v Roma (d’ora innanzi, il Condominio), ha ordinato

alla s Italia s.r.l. di ridurre in pristino lo stato dei luoghi mediante: a) la chiusura dei varchi aperti all’interno delle unità immobiliari di sua proprietà, poste al primo piano, e nel muro

perimetrale esterno del fabbricato condominiale; b) la rimozione della scala realizzata nel cortile esterno.

  1. Per quanto ancora rileva, la Corte territoriale ha osservato: a) che non poteva ritenersi dimostrata l’eccezione di usucapione sollevata dalla Italia s.r.I., con riguardo alla servitù di passaggio, conseguita mediante l’apertura nel muro maestro perimetrale, al fine di consentire l’accesso diretto dei propri dipendenti dallo stabile condominiale all’albergo, e la realizzazione della scaletta esterna di cinque gradini sul cortile definito comune dal condominio; b) che, infatti, gli elementi acquisiti si sostanziavano esclusivamente in atti di provenienza della Italia s.r.I.; c) che, peraltro, tali atti, ad eccezione della planimetria del 1972, relativa alla situazione degli immobili posti al primo piano, non rilevavano ai fini del perfezionamento della fattispecie acquisitiva, in quanto erano success-i al 1981; d) che non era certa la data di realizzazione del varco nel muro perimetrale e della scala esterna, in quanto nella domanda di sanatoria era indicata genericamente una data anteriore al 15 marzo 1985; e) che le prove testimoniali t articolate dalla Italia s.r.l. e reiterate in sede di precisazione delle conclusioni,

erano inidonee a colmare la lacunosità delle prove documentali, alla luce ce la non chiara formulazione degli ultimi due capitoli, che non consentivano di ravvisare in che cosa si sarebbe sostanziato il possesso domanda di sanatoria era indicata genericamente una data anteriore al 15 marzo 1985; e) che le prove testimoniali t articolate dalla Italia s.r.l. e reiterate in sede di precisazione delle conclusioni, erano inidonee a colmare la lacunosità delle prove documentali, alla luce ce la non chiara formulazione degli ultimi due capitoli, che non consentivano di ravvisare in che cosa si sarebbe sostanziato il possesso ad usucapionem, «non essendo dedotto nulla di preciso in ordine alla imposizione di un peso gravante sul condominio, c.d. fondo servente, e in favore dell’immobile estraneo allo stesso, preteso fondo dominante che non risulta menzionato espressamente nei capitoli»; f) che, quanto ai varchi di collegamento tra gli appartamenti posti al primo piano dell’edificio condominiale, la consulenza tecnica d’ufficio svolta in primo grado aveva accertato che, mentre l’apertura della porta sul muro perimetrale e la costruzione della scala non determinavano alcun pregiudizio alla statica del fabbricato, l’apertura dei tre vani di passaggio al primo piano determinava un apprezzabile pregiudizio alla statica dell’edificio, ancorché non accompagnato da una situazione di  pericolo immediato; g) che, quanto alla proprietà dell’area sulla quale era stata realizzata la scala di accesso diretto all’albergo, la documentazione prodotta dalla Italia s.r.I., formata al fine di conseguire la sanatoria delle opere abusivamente realizzate, non era idonea a superare la presunzione di comproprietà di cui all’art. 1117 cod. civ.

  1. Avverso tale sentenza la s.r.l. – in cui si è fusa per incorporazione la s Italia s.r.l. – ha proposto ricorso per cassazione affidato a sei motivi, ai quali ha resistito con controricorso il Condominio. In vista della camera di consiglio del 5 marzo 2020 hanno depositato memoria, ai sensi dell’art. 380-bis. 1, cod. proc. civ., sia !a Italia s.r.I., nella quale si è fusa per incorporazione la s.r. .„ sia il Condominio.

RAGIONI DELLA DECISIONE

 Va preliminarmente esaminata la questione, sollevata dal Condominio nella memoria depositata ai sensi dell’art. 380-bis.1, cod. proc. civ., dell’inammissibilità del ricorso per difetto dei poteri rappresentativi nel soggetto che ha conferito la procura.

Secondo il Condominio, infatti, difetterebbe la delibera del consiglio di amministrazione della società proprietaria dell’immobile dell’Hotel      trasferito dalla s.r.l.    alla     con  la quale quest’ultima avrebbe dovuto conferire alla medesima s.r.l. poteri di rappresentarla.

Premesso che il Condominio non si cura di indicare il fondamento documentale di siffatto trasferimento e neppure di dedurre quando questi’ !Olmo si sarebbe realizzato, è appena il caso di rilevare che, ai sensi dell’art. 111, primo comma, cod. proc. civ., il processo prosegue tra le parti originarie, nonostante il trasferimento a titolo particolare dei diritto controverso.

Sempre nella citata memoria, il Condominio rileva che la procura depositata difetta della data, con la conseguenza che, anche per tale ragione, il ricorso sarebbe inammissibile.

Si tratta di rilievo privo di fondamento.

Come chiarito da questa Corte, nel caso di procura rilasciata su foglio separato, ma materialmente congiunto all’atto cui si riferisce, la mancanza di data non produce nullità della procura, dovendo essere apprezzata  con riguardo al foglio che la contiene, alla stregua di  qualsiasi procura apposta in calce al ricorso, per cui la posteriorità del rilascio della procura rispetto alla sentenza impugnata si desume dall’intima connessione con il ricorso cui accede e nel quale la sentenza è menzionata, mentre l’anteriorità rispetto alla notifica risulta dal contenuto della copia notificata del ricorso (Cass. 21 dicembre 2019, n. 34259)

  1. Con il primo motivo si lamenta, ai senso dell’art. 360, primo comma, cod. proc. civ., nullità della sentenza e del procedimento di secondo grado, per violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., per avere la Corte territoriale dei tutto trascurato di esaminare la questione della legittimità del varco perimetrale aperto tra locali di proprietà della società siti nello stabile condominiale e il distinto immobile di proprietà della medesima società.

La ricorrente osserva che il varco è legittimo, in quanto non ha inciso sulla staticità dell’edificio, secondo quanto accertato nel giudizio con decisione non impugnata dal Condominio, e non ha impedito agli altri condomini di usare il muro perimetrale.

La doglianza è infondata.

Va premesso che la mancanza di motivazione su questione di diritto e non di tutto deve ritenersi irrilevante, ai fini della cassazione della sentenza, qualora il giudice del merito sia comunque pervenuto ad un’esalta soluzione del problema giuridico sottoposto al suo esame. In tal caso, la Corte di cassazione, in ragione della funzione nomofilattica ad essa affidata dall’ordinamento, nonché dei principi di economia processuale e di ragionevole durata del processo, di cui all’art. 111, comma 2, Cost., ha il potere, in una lettura costituzionalmente

orientata dell’art. 384 cod. proc. civ., di correggere la motivazione anche a fronte di un error in procedendo, quale la motivazione omessa,  mediante l’enunciazione delle ragioni che giustificano in diritto la decisione assunta, anche quando si tratti dell’implicito rigetto della domanda perché erroneamente ritenuta assorbita, sempre che si tratti  di questione che non richieda ulteriori accertamenti in fatto (v., ad es., Cass., Sez. Un., 2 febbraio 2017, n. 2731).

Ciò posto, si rileva che, in presenza di un edificio strutturalmente unico,  su cui insistono due distinti ed autonomi condominii, è illegittima  l’apertura di un varco nel muro divisorio tra questi ultimi, volta a collegare i locali di proprietà esclusiva del medesimo soggetto, tra loro  attigui ma ubicati ciascuno in uno dei due diversi condominii, in quanto una simile utilizzazione comporta la cessione del godimento di un bene comune, quale è, ai sensi dell’art. 1117 c.c., il muro perimetrale di delimitazione del condominio (anche in difetto di funzione portante), in  favore di una proprietà estranea ad esso, con conseguente imposizione di una servitù per la cui costituzione è necessario il consenso scritto di  tutti i condomini (Cass. 14 dicembre 2016, n. 25775).

  1. Con il secondo motivo si lamenta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, con riguardo alle conclusioni della consulenza tecnica d’ufficio per ciò che attiene alla datazione della realizzazione del varco.

La doglianza è inammissibile.

Come reso palese anche dal tenore della doglianza, la ricorrente censura !a sentenza per non avere «esaminato con attenzione il contenuto della CTU», che esprimerebbe delle valutazioni sulla datazione delle opere attraverso le quali sarebbe stata acquisita per usucapione !a servitù di passaggio attraverso il varco perimetrale.

La critica, tuttavia, si colloca, al di fuori del perimetro del novellato art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ. Infatti, posto che la sentenza impugnata è stata depositata in data 25

gennaio 2017, viene in questione l’art. 360, comma primo, n. 5, cod. proc. civ. ; nel testo risultante dalle modifiche apportate dall’art. 54, comma 1, lett. b) del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv., con modificazioni, dalla I. 7 agosto 2012, n. 134 (pubblicata nel S.O. n. 171, cella Gazzetta Ufficiale 11 agosto 2012, n. 187), e applicabile, ai Sensi del comma 3 del medesimo art. 54, alle sentenze pubblicate dal trentesimo giorno successivo a quello di entrata in vigore della legge di conversione dei decreto (al riguardo, va ricordato che, ai sensi dell’art. i, comma 2, della legge di conversione, quest’ultima è entrata  in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale).

Come chiarito dalle Sezioni Unite di questa Corte, l’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., così come novellato, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisive (vaie a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia). Ne consegue che, nel rigoroso rispetto delle

previsioni degli artt. 366, primo comma, n. 6, e 369, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ., il ricorrente deve indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, ii “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di  discussione processuale tra le parti e la sua “decisività”, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il ‘zio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal  giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cass., Sez. Un., 7 aprile 2014, n. 8053).

E, come specificamente affermato nelle ordinanze 10 febbraio 2015, n. 2498 e 1° luglio 2015, n. 13448, l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo, censurabile ex art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., qualora il  fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte e risultanze probatorie.

  1. Con il terzo motivo si lamenta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 244 cod. proc. cv . e degli artt. 1031 e 1158 cod. civ.

La doglianza investe la decisione della Corte territoriale di ritenere,

come s’è sopra visto, che le richieste istruttorie articolate dalla società fossero inidonee a colmare le lacune probatorie emergenti dalla documentazione prodotta.

Va premesso che, a differenza di quanto ritenuto dal Condominio nel controricorso, la richieste istruttorie delle quali si discute risultano, alla stregua della stessa sentenza impugnata, reiterate nella comparsa di costituzione contenente appello incidentale e in sede di precisazione delle conclusioni.

Ciò posto, la Corte territoriale ha sottolineato la non chiara  formulazione degli ultimi due capitoli, che non consentirebbero di ravvisare in che cosa si sarebbe sostanziato il possesso ad

usucapionem, «non essendo dedotto nulla di preciso in ordine alla imposizione di un peso gravante sul condominio, c.d. fondo servente, e in favore dell’immobile estraneo allo stesso, preteso fondo dominante che non risulta menzionato espressamente nei capitoli».

Ora, dai tenore dell’atto di citazione, con il quale il Condominio lamenta sia l’apertura del varco che la realizzazione della scala posta nel cortile, e dalla incontestata eccezione di usucapione sollevata dalla società emerge in tutta evidenza la portata del thema decidendum e, in definitiva, l’identificazione del fondo servente e di quello dominante, indicato dallo stesso Condominio nello stabile di proprietà della ricorrente.

Il possesso ad usucapionem è evidentemente correlato alla protratta utilizzazione del varco e delle scale.

Ne discende che fondatamente la ricorrente osserva che l’unico profilo che restava in discussione – e che è puntualmente indicato nei capitoli articolati — è rappresentato dall’epoca ultraventennale di realizzazione delle opere delle quali si discute.

  1. Conil quarto motivo si lamenta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3 o 4, cod. proc. civ., violazione o falsa applicazione di legge, per non avere la Corte territoriale esaminato l’eccezione di passaggio in giudicato delia sentenza che in altro giudizio si era occupata della

legittimità del varco. In questa sede, la ricorrente ricostruisce le vicende del giudizio introdotto dai Condominio dinanzi al Tribunale di Roma (proc. n. 24543 del 2001) e osserva che la Corte d’appello, con la sentenza n. 523 del 2016, aveva rigettato l’appello proposto dal Condominio avverso la decisione di primo grado che, tra l’altro, aveva disatteso domanda con la quale era stato chiesto dichiararsi la illegittimità del varco del quale si discute.

La censura è inammissibile.

Per le ragioni indicate supra sub 2 della presente motivazione, venendo in rilievo una questione giuridica di carattere processuale, essa deve essere oggetto di diretto esame da parte di questa Corte.

E, tuttavia , è appena il caso di ribadire che, nel giudizio di legittimità, il principio della rilevabilità del giudicato esterno va coordinato con l’onere di autosufficienza del ricorso; pertanto, la parte ricorrente che deduca ‘esistenza del giudicato deve, a pena d’inammissibilità del ricorso, riprodurre in quest’ultimo il testo integrale della sentenza che si assume essere passata in giudicato, non essendo a tal fine sufficiente il richiamo a stralci della motivazione (Cass. 23 giugno 2017)

E nella specie appunto, per quanto sopra detto, difetta siffatta precisa e completa indicazione del contenuto dei dati processuali dai quali dovrebbe desumersi il passaggio in giudicato di alcune statuizioni per mancata impugnazione del Condominio.

  1. Con il quinto motivo si lamenta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione o falsa applicazione dell’art. 2697 cod. civ., con riguardo alla ritenuta inclusione, tra i beni condominiali, del cortile nel quale è stata realizzata la scala per la quale è sorta controversia.

La doglianza è inammissibile.

Questa Corte ha chiarito, in linea generale, che è inammissibile il ricorso per cassazione che, sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di legge, di mancanza assoluta di motivazione e di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio miri, in realtà, ad una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito (Cass., Sez. Un., 27 dicembre 2019, n. 34476).

Tale è la situazione che ricorre nel caso di specie, dal momento che la censura ruota attorno ad un presupposto in fatto – l’essere la scala stata realizzata su area esterna al condominio – assertivamente  dedotto in contrasto con l’apprezzamento delle risultanze istruttorie operato dai giudici di merito.

  1. Con il. sesto motivo si lamenta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3 o 4, cod. proc. civ., violazione o falsa applicazione degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ., degli artt. 1102, 1120 e 2697 cod. civ., nella parte cui la Corte d’appello ha ritenuto che i varchi di collegamento  aperti rechino pregiudizio alla staticità dell’edificio.

Anche  in questo caso il motivo di ricorso, pur prospettando il vizio di violazione e falsa applicazione di norme di legge, finisce per sollecitare questa Corte di legittimità ad una revisione dell’accertamento di fatto  compiuto dai giudice del merito. D’altra parte, la giurisprudenza ha già chiarito che , in tema di ricorso per cassazione, una censura relativa

alla violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ. non può  porsi per una erronea valutazione del materiale istruttorio compiuta dal giudice di merito, ma solo se si alleghi che quest’ultimo abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti, ovvero disposte d’ufficio al di fuori dei limiti legali, o abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, delle prove legali, ovvero abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza  apprezzamento critico, elementi di prova soggetti invece a valutazione  (v., di recente, Cass. 17 gennaio 2019, n. 1229).

  1. In conclusione, va accolto il terzo motivo, rigettato il primo motivo e dichiarati inammissibili i restanti motivi di ricorso; in relazione al disposto accoglimento, va cassata la sentenza impugnata con rinvio alla Corte di appello di Roma, in diversa composizione, che provvederà alla regolamentazione  delle spese del giudizio di legittimità.

PQM

Accoglie terzo motivo del ricorso; rigetta il primo motivo; dichiara inammissibili i restanti motivi di ricorso; in relazione al disposto accoglimento, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di appello di Roma, in diversa composizione, cui demanda di provvedere  anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 05/03/2020

Il Presidente

Rosa Maria Di Virgilio

 

 

 

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