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Autoriduzione del canone di locazione. Illegittimita’

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Il Tribunale di Roma interviene in ordine all’inadempimento della parte conduttrice nel contratto di locazione. Viene ribadito il principio consolidato in virtù del quale “in tema di risoluzione per inadempimento, la valutazione, ai sensi e per gli effetti dell’art. 1455 c.c., della non scarsa importanza dell’inadempimento deve ritenersi implicita ove l’inadempimento stesso si sia verificato con riguardo alle obbligazioni primarie ed essenziali del contratto, quale, in materia di locazioni, quella del pagamento del canone” (cfr ex multis Cass. 1/10/2004 n. 19652)

 

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SENTENZA 14188/2022

REPUBBLICA ITALIANA

NEL NOME DEL POPOLO ITALIANO

IL TRIBUNALE DI ROMA

SEZIONE SESTA CIVILE

In persona della Dott.ssa Manuela Scoppetta, in funzione di giudice monocratico, nella causa iscritta al n.r.g. 45544 dell’anno 2020 e vertente

TRA

B. M., parte elettivamente domiciliata in Roma, Via Ugo De Carolis n. 31, presso lo studio dell’Avv. SOLA VITO, che la rappresenta e difende come da procura in atti

ATTORE

E

A.I., parte elettivamente domiciliata in Roma, Via G. B. Vico n. 1. presso lo studio dell’Avv. P. M.  L. che la rappresenta e difende come da procura in atti

CONVENUTO

OGGETTO: intimazione di sfratto per morosità

All’udienza del 29.09.2022, a seguito della discussione orale della causa, pronuncia ex art. 429 c.p.c. la seguente

SENTENZA

dando lettura del dispositivo e della concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il Dott. B. M. è proprietario dell’appartamento sito in Roma alla Via C. 11, int. 10 piano III; con contratto di locazione, regolarmente registrato, l’immobile di cui sopra veniva concesso in locazione per uso abitativo al Sig. A. I.;

nel contratto di locazione de quo, veniva pattuita la corresponsione di un canone mensile pari ad € 1.450,00;

Il Sig. A. I. si rendeva moroso nei confronti della parte locatrice per un totale di € 6.050,00 (seimilacinquanta/00) oltre oneri condominiali fino al mese di giugno 2020.

A seguito di ciò il Sig. M. notificava atto di intimazione di sfratto per morosità.

Il relativo procedimento recava Rg 35931/2020, veniva assegnato alla sesta sezione del Tribunale civile di Roma e l’udienza di comparizione delle parti veniva fissata per il giorno 9 settembre 2020.

Si costituiva in giudizio il Sig. A. I., opponendosi alla convalida di sfratto per morosità e depositando copia del ricorso ex art. 447 bis cpc Rg 66748/2019, promosso dinanzi al Tribunale di Roma, VI sezione, Giudice Dott.ssa Nardone.

Nel presente giudizio il Tribunale di Roma, con ordinanza del 9 settembre 2020, evidenziando che il Dott. I.  “ha operato, a far data mese di febbraio 2019, un’arbitraria autoriduzione del canone di locazione, rendendosi in tal modo gravemente inadempiente nell’assolvimento della propria obbligazione”, ordinava al Sig. A. I. il rilascio in favore del Dott. B. M. dell’immobile oggetto del contratto di locazione e disponeva il mutamento del rito, fissando l’udienza del 18 febbraio 2021 per l’integrazione degli atti.

Il Dott. M., in data 17 settembre 2020, dinanzi all’Organismo di mediazione Forense di Roma, avviava procedimento di mediazione; l’incontro del 24 novembre 2020, si concludeva negativamente per mancanza di accordo tra le parti. La causa, esaurientemente istruita senza ulteriore ammissione dei mezzi istruttori, è stata discussa e decisa all’odierna udienza.

Parte convenuta al momento della propria costituzione nel procedimento di sfratto per morosità, ha richiesto la riunione del presente procedimento al giudizio recante Rg 66748/20219.

La riunione dei due procedimenti non è stata accolta dal Presidente del Tribunale.

Di fatto, nella opposizione depositata nel presente procedimento, parte convenuta reitera le medesime istanze di cui al giudizio recante Rg 66748/20219 in ordine al quale, medio tempore, il Tribunale ha emesso la sentenza n. 13664/2021 con la quale:

– ha dichiarato inammissibile la domanda risarcitoria spiegata dal Sig. I. nei confronti di B. M. per i danni “alla vita della famiglia” per difetto di legittimazione ad agire;

– ha dichiarato cessata la materia del contendere in ordine alla domanda di riduzione del canone di locazione (pro futuro);

– ha rigettato la domanda spiegata dal ricorrente I. nei confronti di M. di restituzione di quanto pagato in eccesso a titolo di canone di locazione a far data del gennaio 2018;

– ha rigettato la domanda spiegata dal ricorrente I. nei confronti di M. di pagamento delle spese sostenute per la manutenzione dell’immobile;

– ha rigettato la domanda di risarcimento del danno svolta dal ricorrente I. nei confronti di M. per i disagi arrecati alla sfera privata di esso ricorrente.

Il Sig. I. è stato altresì condannato alla refusione delle spese del giudizio.

Ad oggi, come risulta dal verbale di riconsegna di immobile del 17 febbraio 2021, il Sig. I. ha restituito l’immobile, omettendo di corrispondere i canoni dal dovuto e sino alla data di riconsegna del bene.

Alla luce delle esposte considerazioni, la domanda di risoluzione del contratto di locazione per inadempimento della parte conduttrice è fondata e merita accoglimento.

Infatti, attraverso la produzione del contratto di locazione regolarmente registrato, dai quale risulta l’obbligazione di parte convenuta di corrispondere il canone nei termini espressi nell’atto introduttivo del giudizio, è stata data prova del fatto costitutivo della pretesa azionata.

E’ principio consolidato e pacifico nella giurisprudenza della Suprema Corte che “in tema di locazioni di immobili urbani, adibiti ad uso abitativo, nel caso in cui il conduttore, senza effettuare alcuna contestazione sul quantum, abbia omesso di pagare una o più mensilità del canone locativo, la valutazione della gravità e dell’importanza dell’inadempimento non è rimessa all’apprezzamento discrezionale del giudice, ma è predeterminata legalmente ai sensi degli art. 5 e 55 della legge n. 392 del 27.07.1978” (Cass. 23257/2010).

In particolare, in materia di locazioni ad uso abitativo, la norma contenuta nell’art. 5 della legge n. 392 del 27.07.1978, rubricata “inadempimento del conduttore”, dispiega la propria efficacia nell’ambito dei rimedi contro le patologie funzionali del contratto. Essa ha per oggetto la disciplina della risoluzione del contratto di locazione per inadempimento da parte del conduttore dell’obbligazione di pagamento del canone o di quella di corresponsione al locatore dei c.d. oneri accessori. Tale norma si configura come speciale rispetto a quella posta dall’art. 1455 c.c. in quanto permette al conduttore di adempiere tardivamente senza il rischio di incorrere nella sentenza di risoluzione del contratto, ed è ispirata alla ratio del favor nei confronti del conduttore, favor giustificato dall’interesse primario di mantenere l’abitazione.

La norma, dettando una presunzione assoluta di gravità dell’inadempimento, ha inteso sottrarre alla discrezionalità del giudice l’apprezzamento della non scarsa importanza dell’inadempimento, dell’inadempimento, ancorando tale valutazione a due presupposti oggettivi, uno di tipo quantitativo, consistente nel mancato pagamento di pagamento di una rata del canone o di oneri accessori per un importo superiore a due mensilità di canone, ed uno di ordine temporale, temporale, dato dal protrarsi dell’inadempimento per oltre venti giorni dalla scadenza del termine convenuto o di due mesi in caso di oneri accessori. In questo senso si è espressa con giurisprudenza costante  e conforme la Suprema Corte “ in tema di locazione di immobili ad immobili ad uso abitativo, con riferimento all’inadempimento del conduttore al pagamento del canone, l’art. 5 della legge n. 392 del 27.07.1978, il quale stabilisce che il mancato pagamento del canone della locazione, decorsi venti giorni dalla scadenza prevista, costituisce motivo di risoluzione, ai sensi dell’art. 1455 c.c., fissa un criterio di predeterminazione legale della gravità dell’inadempimento e ciò anche quando si tratti di morosità relativa agli oneri accessori. “ (Cass. Civ. 8628/2006).

Al di fuori delle circostanze citate, non può argomentarsi che il pagamento delle morosità intimate dopo l’introduzione del contraddittorio possa costituire sanatoria, oltre che della morosità intimata, anche della vicenda giuridica relativa alla pretesa di inadempimento, operando in questo caso il principio generale previsto dal terzo comma dell’art. 1453 c.c., il quale esclude che il debitore possa adempiere la propria obbligazione successivamente all’introduzione della domanda di risoluzione contrattuale. La purgazione della mora infatti, successiva alla domanda di risoluzione contenuta nell’intimazione di sfratto non è ostativa, ai sensi del citato articolo 1453 c.c., all’accertamento della gravità del pregresso inadempimento di parte intimata nell’ambito del giudizio ordinario che a tal fine prosegua dopo il pagamento dei canoni scaduti (Cass. 7/3/2001 n. 3341). Unica deroga a tale principio è costituita dalla particolare disposizione dell’art. 55 della legge 392/78, l’invocazione del quale consente al conduttore di impedire unilateralmente ed a contraddittorio instaurato, la pronuncia di risoluzione a mezzo dell’ordinanza di convalida, mediante l’adempimento dell’obbligazione di pagamento del corrispettivo dovuto unitamente agli interessi ed alle spese, nella forma di pagamento banco judicis ovvero della richiesta e successiva osservanza del cosiddetto “termine di grazia”.

Tuttavia nel caso specifico, l’invocazione dell’art. 55 legge 392/78 non è avvenuta, ma al contrario parte intimata ha deciso di formalizzare l’opposizione e proseguire nel giudizio di merito. In ossequio alla interpretazione della giurisprudenza di legittimità ormai consolidata, la scelta di una delle due soluzioni giuridiche esclude l’altra, in quanto “In tema di sfratto per morosità, sussiste incompatibilità logica tra opposizione alla convalida e richiesta di sanatoria ex art. 55 l. n. 392 del 1978 (cd. termine di grazia) che – a differenza della prima – presuppone appunto una non contestazione alla domanda del locatore, cui infatti il conduttore moroso ammesso al beneficio deve corrispondere non solo il capitale e gli interessi, ma anche l’importo delle spese processuali” (da ultimo Cass. Civ. 24.03.2006 n. 6636). Deve al riguardo osservarsi che l’inadempimento del conduttore configura senza dubbio una rilevante alterazione del sinallagma contrattuale, tale da determinare la risoluzione del contratto ex art. 1455 c.c., in conformità al consolidato orientamento della giurisprudenza secondo cui “in tema di risoluzione per inadempimento, la valutazione, ai sensi e per gli effetti dell’art. 1455 c.c., della non scarsa importanza dell’inadempimento deve ritenersi implicita ove l’inadempimento stesso si sia verificato con riguardo alle obbligazioni primarie ed essenziali del contratto, quale, in materia di locazioni, quella del pagamento del canone” (Cass. 1/10/2004 n. 19652). Il pagamento del canone costituisce infatti la principale e fondamentale obbligazione del conduttore, al quale non è consentito astenersi dal pagamento del corrispettivo e neppure ritardarne la corresponsione e ciò perché la sospensione totale o parziale dell’adempimento di detta obbligazione, così come il ritardo dello stesso, legittima l’applicazione dell’art. 1460 c.c. solamente quando venga completamente a mancare la prestazione della controparte che come noto, si sostanzia nel consentire il pieno godimento del bene immobile oggetto del contratto di locazione.

Nel caso di specie non vi è contestazione in merito alla circostanza che la parte conduttrice abbia continuato a godere dell’immobile mantenendolo nella propria piena disponibilità, tanto da indurre parte attrice a domandarne il rilascio in corso di causa.

P.Q.M.

Il Tribunale di Roma, definitivamente pronunciando sulla domanda proposta da B. M. con atto di citazione notificato nei confronti di A. I. così decide:

dichiara risolto per inadempimento del conduttore il contratto di locazione tra le parti, avente ad oggetto l’immobile ad uso abitativo sito in Roma, alla Via C. 11, int. 10 piano III;

dichiara cessata la materia del contendere in ordine al rilascio dell’immobile avvenuto in data 17.02.2021;

condanna parte convenuta al pagamento in favore di parte attrice dei canoni intimati scaduti e non pagati, ammontanti ad Euro 6.050,00 alla data dell’intimazione, oltre a quelli a scadere maturati sino alla materiale riconsegna dell’immobile nel mese di febbraio 2021, oltre interessi legali dalle singole scadenze al saldo;

condanna parte convenuta al pagamento in favore di parte attrice delle spese di giudizio, liquidate in complessivi Euro 1.800,00 di cui Euro 200,00 per esborsi, ed Euro 1.600,00 per compensi, oltre oneri di legge.

Così deciso in Roma, 29.09.2022

IL GIUDICE Dott.ssa Manuela Scoppetta

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