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Condominio. Illegittimità del parcheggio delle auto sulle aree di manovra

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La Corte di Cassazione con sentenza n. 11729 del 2019  interviene in un’ipotesi in cui alcuni condomini occupano con le proprie autovetture spazi condominiali.

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SENTENZA 11729/2019 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati

Dott. Felice Manna                                                                     – Presidente –

Dott. Giuseppe Fortunato                                                              – Consigliere Relatore –

Dott. omissis                                                                                       – Consigliere –

Dott. . omissis                                                                                   – Consigliere –

Dott. . omissis                                                                                       – Consigliere  –

SENTENZA

sul ricorso iscritto al numero 11283/2015  proposto da

F.C, R. M e C.G,  rappresentati e difesi dall’Avv. D. C.,  con domicilio eletto in Roma, Via Properzio 27, presso lo studio dell’Avv. M. R.

                                                                                                                                    ricorrenti 

contro

G. A., S. M., Z. M. e P. L. M, rappresentati e difesi dall’Avv. R. T., con domicilio eletto in Roma Viale delle Milizie n. 1

controricorrenti

avverso la sentenza della Corte d’appello di Venezia n. 392/15, depositata il 16.2.2015.

Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 13.12.2018 dal Consigliere Giuseppe Fortunato;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Stefano Visonà che ha concluso, chiedendo il rigetto del ricorso.

uditi gli avv. M. R e l’avv. A. V.

FATTI DI CAUSA

G. A., S. M., Z. M. e P. L. M. hanno convenuto in giudizio dinanzi al Tribunale di Treviso F. C., R. M. e C. G., assumendo di essere condomini del complesso denominato Le Betulle sito in Dosson di Casier, composto da due gruppi di abitazioni autonome, poste in parallelo e divise da uno spazio intermedio ove insisteva una corsia utilizzata dalle auto per giungere alle porzioni esclusive.

Sostenevano gli attori che le controparti, nel modificare la posizione dei cancelli siti all’accesso delle loro proprietà, avevano ridotto le aree scoperte destinate al parcheggio delle auto ed avevano iniziato a sostare i veicoli, occupando le nicchie di manovra e lo spazio comune, in modo da rendere difficoltosi l’ingresso e l’uscita dei veicoli dal garage degli altri condomini.

Il Tribunale ha respinto le domande ma la pronuncia è stata riformata in appello.

La Corte distrettuale di Venezia ha ritenuto – anzitutto – che la lamentata occupazione abusiva dello spazio comune mediante lo spostamento dei cancelli delle proprietà R. e C.  non fosse stato dedotta tempestivamente in primo grado e non potesse essere presa in esame.

Ha invece stabilito che i ricorrenti avevano occupato abusivamente con i propri veicoli le nicchie di manovra e lo spazio comune, tendendo difficoltose il transito in entrata ed in uscita dalle proprietà individuali.

Ha condannato i ricorrenti a risarcire il danno, quantificato in € 1000,00.

Per la cassazione di questa sentenza ricorrono F. C., R. M e C. G. sulla base di quattro motivi, illustrati con memoria.

G. A., S. M., Z. M. e P. L. M. hanno depositato controricorso e memoria ex art. 378 c.p.c.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo censura la violazione dell’art. 2725 c.c., in relazione all’art. 360, comma primo, n. 3 c.p.c., per aver la sentenza ritenuto che le nicchie che si interponevano tra le porzioni esclusive e la corsia di scorrimento fossero di proprietà condominiale e non potessero essere utilizzate per il parcheggio delle auto, dando credito alle dichiarazioni del geometra C.m teste de relato, contrastanti con le risultanze dei progetti depositato presso gli uffici pubblici, trascurando infine che la prova della condominialità delle nicchie doveva esser data per iscritto.

Il secondo motivo denuncia la violazione dell’art. 116 c.p.c., in relazione all’art. 360, comma primo, m. 3 c.p.c. contestando alla Corte distrettuale di aver dato rilievo, senza alcuna motivazione, alle deposizioni di Z. S. e T. T., legati da vincoli di parentela e professionali con le parti del giudizio, senza valutare il contenuto delle testimonianze secondo prudente apprezzamento.

I due motivi, che sono suscettibili di esame congiunto, sono infondati.

1.1.Non sussiste, anzitutto, la lamentata violazione di legge riguardo al fatto  che la natura condominiale delle nicchie collocate lungo il tracciato interposto tra i fabbricati sia stata desunta dalle deposizioni testimoniali in assenza di prova scritta, poiché tale accertamento dipendeva dal riscontro della concreta destinazione delle nicchie a servizio delle proprietà esclusive e dalla specifica relazione di accessorietà tra i beni comuni e quelli di proprietà esclusiva, alla stregua delle complessive risultanze di causa.

Tale relazione costituisce – difatti – il presupposto applicativo della presunzione sancita dall’art. 1117 c.c., non essendo richiesto, ai fini dell’accertamento della natura condominiale dei beni, il rigore probatorio proprio dell’azione di rivendica (Cass. 20593/2018; Cass. 11195/2010; Cass. 15372/2000; Cass. 886/2018; Cass. 20071/2017), fermo  inoltre che la predetta presunzione può essere vinta solo da un titolo contrario (da intendersi come atto costitutivo del condominio: Cass. 11877/2002; Cass. 11844/1997; Cass. 9062/1994), la cui esistenza deve essere dedotta e dimostrata dal condomino che si affermi proprietario esclusivo del bene o della porzione controversa (Cass. 27145/2017).

Va inoltre precisato che, in considerazione del rapporto di accessorietà necessaria che lega le parti comuni dell’edificio alle proprietà singole, la condominialità non è esclusa per il solo fatto che le costruzioni sono realizzate, anziché come porzioni di piano l’una sull’altra (condominio verticale), quali proprietà singole in sequenza (villette a schiera, condominio in orizzontale), poiché la nozione di condominio è configurabile, anche nel caso di immobili adiacenti orizzontalmente in senso proprio ove dotati delle strutture e degli impianti essenziali indicati nell’art. 1117 c.c. (Cass. 27360/2016; Cass. 18344/2015; Cass. 4973/2007; Cass. 8066/2005).

1.2.La decisione non è infine censurabile, ai sensi dell’art. 116 c.p.c., per aver ritenuto credibili le dichiarazioni testimoniali de relato o rese da soggetti legati da vincoli di parentela e professionali con le parti.

Premesso che, a seguito della pronuncia di incostituzionalità dell’art. 247 c.p.c. (Corte cost. 248/1974), la sussistenza di rapporti di parentela tra i testi e le parti non si traduce in un motivo di incapacità a testimoniare, né comporta ex se alcun giudizio di inattendibilità delle dichiarazioni rese in giudizio, e che la testimonianza de relato, pur se munita di una valenza probatoria attenuata, è certamente utilizzabile per la decisione spese se, come nel caso concreto, confermata dal raffronto con le altre risultanze processuali (cfr. sentenza pag. 9; Cass. 8358/2007; Cass. 43/1998), resta che l’apprezzamento delle prove ed il giudizio di attendibilità dei testi, anche in presenza di particolari legami con le parti, è rimessa al giudice di merito ed è sindacabile solo per i vizi di motivazione (Cass. 25358/2016; Cass. 1109/2006; Cass. 7061/2002).

La violazione dell’art. 116 c.p.c. non è – invece – invocabile per censurare il modo in cui il giudice abbia valutato le risultanze probatorie e selezionato quelle ritenute idonee a sostenere le decisioni assunte, ma solo se sia stato disatteso il principio di libera valutazione delle risultanze processuali in assenza di una deroga normativamente prevista, ovvero, all’opposto, se sia stata secondo prudente apprezzamento una prova soggetta ad un diverso regime. (Cass. 11892/2016; Cass. 13960/2013; Cass. 26955/2007).

2.Il terzo motivo censura l’omesso esame e l’omessa motivazione su un fatto decisivo per il giudizio ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 5 c.p.c., eccependo che il c.t.u. aveva precisato che la corsia di scorrimento tra gli edifici aveva una larghezza effettiva di mt. 5,20 a fronte di quella di mt. 4,50 risultante dai progetti, conseguendone che la proprietà esclusiva si estendeva di circa cm. 35 oltre la linea dei muretti di recinzione delle singole porzioni.

Pertanto, avendo le nicchie un’ampiezza  pari a circa 20 c.m., doveva escludersi che esse fossero di proprietà condominiale, conseguendone che i ricorrenti non avevano affatto effettuato il parcheggio delle auto in violazione dei diritti degli altri condomini.

Infine poiché tutti i proprietari avevano demolito i muretti di delimitazione delle nicchie, non sussisteva alcuna violazione dell’art. 1102 c.c..

Il motivo è infondato.

La Corte distrettuale ha accertato che le nicchie, nella configurazione rilevata dal consulente tecnico d’ufficio, erano destinate a servizio delle proprietà esclusive ed erano condominiali perchè servivano ad agevolare le manovre di accesso e di uscita dalle singole proprietà. Sebbene il giudice di merito potesse tener conto di tutte le emergenze processuali utili a stabilire la natura condominiale delle nicchie, inclusi lo stato di fatto e le opere realizzate dai singoli condomini, resta che l’appartenenza comune dei beni è stata accertata, in base alla valutazione delle risultanze processuali (cfr. pag. 9), il che esclude che la sentenza abbia omesso di valutare  circostanze di fatto decisive ai fini del giudizio, non occorrendo che la Corte di merito desse conto di tutti gli elementi acquisiti (Cass- 8053/2014).

Sotto altro profilo, l’art. 360, comma primo, n. 5 c.p.c., nel testo qui applicabile non consente di dedurre eventuali vizi della motivazione (avendo la norma riguardo all’omesso esame di un fatto decisivo, inteso quale dato materiale ed oggettivo, acquisito al processo: Cass. 23940’/2017; Cass. 21257/2014; Cass. 13928/2015; Cass. s.u. 8053/2014), ed inoltre l’eccepita carenza assoluta di motivazione (che andava correttamente dedotta quale violazione dell’art. 132 , comma primo, n. 4 c.p.c.), non è in concreto sussistente, poichè la Corte di merito ha chiaramente indicato le ragioni per le quali ha ritenuto che le nicchie fossero condominiali, avendone accertata la concreta destinazione a spazio di manovra a servizio delle proprietà individuali sulla base della consulenza e delle dichiarazioni testimoniali (cfr. sentenza pag. 9)

P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese processuali, pari ad € 200,00 per esborsi ed 1800,00 per compenso, oltre ad Iva, cnpa e rimborso forfettario delle spese generali, in misura del 15%.

Così deciso in Roma, nella camera d consiglio del 13.12.2018

IL GIUDICE ESTENSORE
Giuseppe Fortunato

IL PRESIDENTE

Felice Manna

DEPOSITATO IN CANCELLERIA

Roma, 3 MAG. 2019

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