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Danno patrimoniale da incapacità lavorativa e onere della prova

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Incombe sul danneggiato l’onere della prova della quantificazione del danno patrimoniale da incapacità lavorativa (cfr anche Cass. 14.11.2011 n. 23761 e Cass. 3290 del 2013).

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SENTENZA 10318/14

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RUSSO Libertino Alberto  – Presidente –

Dott PETTI Giovanni Battista – Consigliere –

Dott. AMENDOLA Adelaide – Consigliere –

Dott. AMBROSIO Annamaria  –  Consigliere –

Dott.  D’AMICO Paolo  – Rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

Sul ricorso 14356/2008 proposto da:

(OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso, per legge, dall’avvocato ( OMISSIS) giusta delega a margine;

ricorrente –

contro

(OMISSIS) SPA, (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) SPA;

intimati –

avverso la sentenza n. 191/2007 della CORTE D’APPELLO di CALTANISSETTA, depositata il 30/06/2007 R.G.N. 237/04;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 05/02/2014 dal Consigliere Dott. PAOLO D’AMICO;

udito l’Avvocato (OMISSIS);

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. FRESA Mario, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. (OMISSIS) convenne in giudizio dinanzi al Tribunale di Caltanissetta, (OMISSIS), (OMISSIS) e le società assicuratrici (OMISSIS) e ( OMISSIS), chiedendo la condanna dei convenuti in solido al risarcimento dei danni subiti in occasione del sinistro stradale verificatosi il (OMISSIS).

Secondo l’attore il sinistro era stato causato dalla elevata velocità e imprudente condotta di guida di (OMISSIS) che si trovava alla guida dell’autovettura Ford Fiesta (di proprietà di (OMISSIS)), sulla quale egli stesso era trasportato.

2. La (OMISSIS) e (OMISSIS) si costituivano assumendo che il sinistro si era invece verificato a causa dell’abbagliamento subito dalla (OMISSIS) da parte di altra autovettura, rimasta non identificata, che aveva  costretto la stessa (OMISSIS) ad una improvvisa sterzata verso destra, con conseguente ribaltamento del veicolo.

3. Si costituivano anche la (OMISSIS) e la (OMISSIS) chiedendo il rigetto della domanda.

4. Con separato atto di citazione notificato alla (OMISSIS) spa – nella qualità d’impresa assicuratrice designata alla liquidazione dei sinistri a carico del (OMISSIS) – (OMISSIS) convenne la medesima (OMISSIS) chiedendo il risarcimento dei danni alla sua persona subiti in occasione del sinistro per cui è causa, verificatosi, a suo dire, a causa dell’imprudente condotta di guida tenuta da persona rimasta non identificata.

5.  Si costituì la (OMISSIS) chiedendo il rigetto della domanda.

6. Con provvedimento presidenziale del 27 gennaio 1999 le due cause furono riunite.

7. Il Tribunale, sulla scorta degli elementi probatori acquisiti nel corso dell’attività istruttoria, dichiarò che la responsabilità doveva imputarsi a carico del conducente dell’autovettura rimasta non identificata e condannò la (OMISSIS) al risarcimento del danno biologico e morale in favore di (OMISSIS) per l’importo di euro 111.215,00, oltre il rimborso spese, ed in favore di (OMISSIS) per il complessivo importo di euro 55.977,00. Condannò inoltre (OMISSIS) al pagamento delle spese processuali in favore di (OMISSIS), di (OMISSIS) e della società assicuratrice.

La (OMISSIS) fu, a sua volta, condannata al pagamento delle spese del giudizio in favore di (OMISSIS) e dello stesso (OMISSIS).

8. Avverso tale sentenza propose appello (OMISSIS) Spa, sostenendo con nove motivi di censura, che il sinistro per cui è causa si era verificato per esclusiva colpa e responsabilità di (OMISSIS), per avere quest’ultima tenuto, alla guida dell’autovettura, una velocità particolarmente elevata.

9. Si costituì la (OMISSIS) Spa in l.c.a. chiedendo il rigetto dell’appello e la conferma dell’impugnata sentenza.

Si costituì anche (OMISSIS) chiedendo il rigetto dell’appello e proponendo appello incidentale con il quale contestò la ricostruzione della dinamica del sinistro.

Si costituì ancora (OMISSIS) la quale depositò comparsa di costituzione con la quale chiese il rigetto dell’appello proposto dalla (OMISSIS) e dell’appello incidentale proposto da (OMISSIS).

Si costituì infine, (OMISSIS) che depositò comparsa di costituzione e risposta con la quale chiese il rigetto dell’appello proposto dalla (OMISSIS) Spa e da (OMISSIS). La stessa chiese altresì la conferma integrale dell’impugnata sentenza.

10. La Corte d’appello di Caltanissetta ha condannato la società (OMISSIS) Spa al pagamento, in favore di (OMISSIS), della somma di euro 72.800,00 a titolo di risarcimento per il danno biologico e della somma di euro 18.200,00 a titolo di risarcimento del danno morale, oltre rivalutazione monetaria ed interessi legali sulle somme via via rivalutate, nonché interessi legali dalla data di pubblicazione della sentenza fino al soddisfo.

La suddetta Corte ha poi condannato la società (OMISSIS) Spa al pagamento in favore di (OMISSIS) della somma di euro 36.640,00 a titolo di risarcimento per danno biologico e della somma di euro 9.160,00 a titolo di risarcimento del danno morale, oltre accessori.

Ha dichiarato compensate fra le parti le spese del giudizio di primo grado.

11. Propone ricorso per cassazione (OMISSIS) con due motivi.

Gli intimati non svolgono attività difensiva.

MOTIVI DELLA DECISIONE

12. Con il primo motivo si denuncia “violazione o falsa applicazione di norme di diritto – omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio (articolo 360 c.p.c., nn. 2 e 5, in relazione agli articoli 2056 e 1223 c.c, e articoli 2727 e 2729 c.c.”)

Sostiene il ricorrente che egli, nell’articolare le proprie domande, con l’atto introduttivo del giudizio, chiese la liquidazione in suo favore oltre che del danno biologico e del danno morale ex articolo 2059 c.c., anche del danno patrimoniale da lucro cessante.

In tal senso afferma il (OMISSIS) di aver prodotto in giudizio l’atto costitutivo di un’impresa artigiana a conduzione familiare di costruzione e revisione macchine industriali, datato 29 dicembre 1994, di cui egli era collaboratore e copia della documentazione fiscale costituita dai  Modelli Unici dei redditi 1996, 1997, 1998, 1999 e 2000 atta a provare che, dalla data del sinistro il suo reddito è di anno in anno diminuito.

Per l’accertamento di tale danno è stata esperita Ctu medico – legale nella quale si afferma che “la menomazione dell’integrità psico – fisica del soggetto non ha inciso sulla sua capacità lavorativa che, al momento dell’evento lesivo, consisteva nell’impegno scolastico come studente; i postumi subiti non gli impediscono un’attività di concetto, gli impedirebbero un’attività di tipo manuale con uso contro forza del braccio e mano destra”.

Ad avviso del ricorrente tale valutazione è errata in quanto egli, alla data del sinistro ((OMISSIS), era collaboratore di un’impresa meccanica artigiana a conduzione familiare, nella quale svolgeva attività di tipo manuale, e proprio da tale collaborazione ricavava  il proprio reddito.

Il Ctu inoltre, richiamato dal G.I. per rendere chiarimenti sulla sua relazione peritale, ha precisato che la menomazione subita all’arto superiore destro lo avrebbe “notevolmente ostacolato” nelle mansioni lavorative.

Tutti i suddetti elementi non sono stati tenuti in considerazione, secondo il (OMISSIS), da parte dei giudici di merito.

13. il motivo è fondato.

La motivazione dell’impugnata sentenza è infatti del tutto inesistente, essendosi limitata ad affermare che il risarcimento del danno patrimoniale è rimasto privo di prova, particolarmente sotto il profilo causale, anche considerata la natura intrinsecamente aleatoria del reddito dichiarato dal (OMISSIS), derivante dalla sua partecipazione all’impresa familiare.

Il Giudice di merito non ha, in particolare, adeguatamente esplicitato le ragioni per le quali ha negato il danno patrimoniale da lucro cessante, non essendo comprensibile dalla sua sentenza se la menomazione sofferta dal (OMISSIS) è stata oppure no tale da incidere sulla di lui capacità lavorativa specifica.

E’ del resto giurisprudenza consolidata di questa Corte che il danno patrimoniale futuro, nel caso di fatto illecito lesivo della persona, è da valutare su base prognostica ed il danneggiato, tra le prove, può avvalersi anche delle presunzioni semplici. Pertanto, provata la riduzione della capacità di lavoro specifica, se essa è di una certa entità e non rientra tra i postumi permanenti di piccola entità (cosiddette “ micro permanenti”, le quali non producono danno patrimoniale ma costituiscono mere componenti del danno biologico), è possibile presumersi che anche la capacità di guadagno risulti ridotta nella sua proiezione futura – non necessariamente in modo proporzionale – qualora la vittima già svolga un’attività o presumibilmente la svolgerà’.

In quanto prova presuntiva essa potrà essere superata dalla prova contraria che, nonostante la riduzione della capacità di lavoro specifica, non vi è stata alcuna riduzione della capacità di guadagno e che, quindi, non è venuto a configurarsi in concreto alcun danno patrimoniale (Cass.,25 gennaio 2008, n. 1690).

Nel caso in esame, a fronte di un risarcimento del danno biologico nella misura del 30%, risultante dall’accertamento della ctu e dalla produzione dell’atto costitutivo di un’impresa a conduzione familiare, di cui l’attuale ricorrente era partecipe, nonché di copia della documentazione fiscale costituita dai modelli di dichiarazione dei redditi atta a provare che, dalla data del sinistro il reddito del medesimo ricorrente è diminuito di anno in anno, la Corte non spiega perché ha negato il risarcimento del lucro cessante. Non spiega, in particolare, perché la menomazione fisica e la ridotta capacità lavorativa del ricorrente non avevano avuto incidenza economica alcuna, diretta o indiretta, nell’ambito dell’impresa familiare, e se in essa lo stesso apportava un contributo economicamente apprezzabile ed incidente sul reddito dell’impresa stessa e dunque del ricorrente medesimo.

14.Con il secondo motivo si denuncia “violazione o falsa applicazione di norme di diritto – omessa, insufficiente o contradditoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio (Articolo 360 c.p.c., nn. 2 e 5, con riferimento alla Legge n. 39 del 1977, articolo 4)”.

Si duole il ricorrente che i Giudici di merito non abbiano ritenuto di applicare alla fattispecie dedotta in giudizio, quanto disposto dal Decreto Legge 23 dicembre 1976, n. 857, articolo 4, comma 3, convertito nella Legge n. 39 del 1977, secondo il quale “in tutti gli altri casi, il reddito che occorre considerare ai fini del risarcimento non può comunque essere inferiore a tre volte l’ammontare annuo della pensione sociale”.

Tale criterio, prosegue il ricorrente, può certamente essere disatteso a favore di un reddito maggiore, individuato anche secondo i criteri presuntivi ed equitativi; ma ove il Giudice di merito non ritenga raggiunta la relativa prova, non può prescindere dall’applicazione della suddetta norma. L’impugnata sentenza pertanto, nella misura in cui ha disapplicato quest’ultima, senza peraltro motivarne le ragioni, è da ritenere certamente meritevole di censura.

15. Il motivo rimane sostanzialmente assorbito dalle considerazioni di cui al precedente motivo.

Giova sul punto ricordare che, secondo giurisprudenza consolidata di questa Corte, che in tema di danno patrimoniale da incapacità lavorativa, non può farsi luogo ad una liquidazione in modo automatico in base ai criteri dettati dalla Legge n. 39 del 1977, suddetto articolo 4, non comportando tale disposizione alcun automatismo di calcolo, ma limitandosi ad indicare alcuni criteri di quantificazione del danno sul presupposto della prova relativa, che comunque incombe al danneggiato e che può essere  anche data in via presuntiva, purché sia certa la riduzione di capacità di lavoro specifica (Cass.,14 novembre 2011, n. 23761; conforme, per ultimo, la n. 3290 del 2013).

Ora nella specie, ove dovesse risultare che la menomazione fisica del ricorrente ha avuto incidenza sui redditi prodotti nell’ambito dell’impresa familiare, il danno patrimoniale non potrebbe che essere commisurato alla incidenza medesima; mentre, all’evidenza, ove un tale risultato dovesse essere escluso, difetterebbe il presupposto per la liquidazione di un danno.

16. In conclusione, il ricorso deve essere accolto nei termini predetti. La Corte di rinvio provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione.

P. Q. M.

La Corte accoglie per quanto di ragione il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo e rinvia alla Corte d’appello di Palermo anche per le spese del giudizio di cassazione.

Il Presidente

Dr. Libertino Alberto RUSSO

Il Cons. estensore

(Dr. Paolo D’Amico)

 

DEPOSITATA IN CANCELLERIA

Oggi 13 maggio 2014

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