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Pirateria informatica e responsabilità dell’istituto di credito

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Il Tribunale di Roma ha stabilito che l’istituto di credito, nel caso di specie la Spa Poste Italiane, risponde del danno subito dal proprio correntista in seguito alla sottrazione di somme, a mezzo di pirateria informatica, dal conto corrente.

Studio Legale Avv. Vito Sola
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                                                                        Sentenza 6661/14

TRIBUNALE DI ROMA

Sezione  9^ civile

In nome del popolo italiano

IL TRIBUNALE DI ROMA, sezione 9^ civile, in persona del giudice dott. Giuseppe Cricenti, ha pronunciato la seguente

SENTENZA

(motivazione redatta in conformità all’art. 132 secondo comma n. 4 c.p.c)

Nel procedimento civile di primo grado, recante nr. 56428/2008 vertente tra:

M. e C.                                                                                  (avv. B. e P.)                  ATTORE

E

Poste italiane, (Avv. V.M.)  e  R.                             (Avv.ti C. e M.)                       CONVENUTO

 OGGETTO: Responsabilità contrattuale

Conclusioni dell’opponente: come da atto introduttivo

Conclusioni dell’opposto: come da comparsa

MOTIVI  DELLA DECISIONE

I due attori hanno con Poste Italiane un rapporto di conto corrente denominato Bancoposta. Nel periodo tra aprile e maggio 2005, si sono accorti che da tale conto erano stati effettuati prelievi per ricaricare carte Postepay e per vaglia postali, poi incassati da ignoti che esibivano false generalità.

In tutto i due attori hanno perduto 7024,99€, di cui chiedono alle Poste il rimborso, oltre al risarcimento dei danni subiti.

Le Poste si sono costituite ed hanno eccepito che non v’è stata alcuna inadempienza, in quanto  i sistemi di sicurezza per le operazioni online erano affidabili; che il danno era evitabile da parte degli attori dotandosi di sistemi di sicurezza del loro computer; che i due attori non hanno comunque provato pienamente il loro diritto. Hanno infine chiesto la chiamata in causa di R. che risulta di essere il beneficiario delle ricariche e dei vaglia fatti con i soldi dei due attori.

Anche P. si è costituito ed ha contestato la propria responsabilità in merito.

Le Poste contestano il difetto di procura per la C, che invece risulta chiaramente regolare.

Va premesso che, appena avuta notizia del prelievo, i due attori hanno sporto denuncia, che ha portato all’archiviazione per essere rimasti ignoti gli autori del reato.

Un primo punto, fatto oggetto di contestazione, è la dimostrazione del danno subito, o meglio, il mancato assolvimento dell’onere della prova da parte degli attori.

In realtà è documentalmente dimostrato che sono stati fatti prelievi sul conto di questi ultimi a beneficio di altri, e che tali prelievi non sono stati autorizzati. Del resto le Poste non contestano tale circostanza che danno per ammessa. Piuttosto declinano la loro responsabilità.

E’ provato che dal conto degli attori sono stati effettuati prelievi a vantaggio di terzi, senza che vi abbiano provveduto i due titolari del conto.

Nel merito, è stata effettuata CTU, la quale ha stabilito alcuni punti di interesse per la decisione.

In primo luogo, la consulenza ha consentito di stabilire che i sistemi di sicurezza adottati dalle Poste, (il PIN e le altre combinazioni) non erano fino al 2005, adeguati agli standard richiesti o comunque non erano sufficienti. Prima mancanza tra tutte il blocco del PIN dopo una serie di tentativi falliti, il che consentiva, o poteva consentire a chi volesse violare i codici di ripetere infinte combinazioni fino a trovare quella giusta.

Non v’è dubbio che le Poste contrattualmente si sono assunte l’obbligo di consentire ai clienti un sistema sicuro per operare online sul conto, ed alla luce di quanto accertato dal CTU, invece il sistema non era affatto tale.

Poste eccepisce una sorta di concorso di colpa dei due attori, o meglio un danno evitabile da parte di entrambi.

Anche su tale punto è stato fatto accertamento tecnico e si è appurato che i computer dei due attori avevano un sistema di antivirus normale, in assenza della indicazione o della informazione ( che solo uno particolarmente esperto poteva avere) di adottare sistemi di sicurezza più avanzati.

Del resto, non è chiaro quale potesse essere il danno evitabile da parte degli attori davanti a condotte di pirateria informatica che non sono certamente contestabili da chi usa il computer avendo cognizioni normali di informatica.

Né è dimostrato che essi abbiano dato il PIN o altra combinazione a terzi, né che abbiano creduto ad una mail inviata con l’intento di far digitare loro i codici(c.d. phishing).

In difetto dunque di una prova della condotta colpevole dei due attori, resta a carico di Poste la violazione del suo sistema di sicurezza dati.

Nemmeno può farsi traslare la responsabilità sul P., il quale pure, ricevuta la chiamata in causa, ha sporto denuncia, lamentando l’utilizzazione abusiva del suo nome. Va considerato al riguardo che il P. non risulta titolare di una carta postepay, quella ossia  su cui sono stati trasferiti i fondi sottratti, e dunque non ha beneficiato della truffa, e che comunque le indagini di polizia non hanno concluso nel senso che gli autori devono ritenersi ignoti. Non v’è pertanto alcuna prova a carico del P.

La somma prelevata indebitamente va dunque restituita ai due attori, che però non hanno provato alcun danno ulteriore rispetto a quello consistente nella somma distratta dal loro conto.

Le spese sono a carico della parte soccombente.

P.Q.M

Il Giudice, così provvede:

1. Condanna Poste Italiane spa, in persona del legale rappresentante pro tempore, al pagamento in favore degli attori della somma di 7024,99 € oltre interessi dalla domanda, ed oltre spese di giudizio che si liquidano in complessive 3800,00€ oltre IVA e CPA.

2. Rigetta la domanda nei confronti di R. con condanna delle Poste alla rifusione delle spese che si liquidano in complessive 3800,00€ oltre IVA e CPA

Roma 19.2.2014

Il Giudice

Dott. Giuseppe Cricenti

Depositato in Cancelleria

Roma li 27-3-14

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