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Sanzione disciplinare e limiti del giudizio di Cassazione

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La Corte di Cassazione interviene in tema di sanzioni disciplinari irrogate dal datore di lavoro al lavoratore, confermando che la sussistenza del rapporto di proporzionalità tra l’infrazione del lavoratore e la sanzione irrogata non spetta alla Cassazione. Una tale valutazione, se congruamente motivata dai giudici di appello, non può essere censurata in Cassazione.

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SENTENZA 12361/14

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill..mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GIULIO VIDIRI                                                 – Presidente –

Dott. GIOVANNI AMOROSO                                  – Rel. Consigliere –

Dott. GIANFRANCO BANDINI                              – Consigliere –

Dott. ENRICA D’ANTONIO                                     – Consigliere –

Dott. ROSA ARIENZO                                              – Consigliere –

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso 11675/09 proposto da:

POSTE ITALIANE S.P.A., C.F. 97103880585, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE EUROPA 175, presso la DIREZIONE AFFARI LEGALI DI ROMA DI POSTE ITALIANE, rappresentata e difesa  dall’avvocato U.A.M., giusta delega in atti

  – ricorrente –

contro

T.P., elettivamente domiciliato in ROMA VIA UGO DE CAROLIS  31, presso lo studio dell’Avv. SOLA VITO, che lo rappresenta e difende giusta delega in atti

    – controricorrente –

 

 

Avverso la sentenza n. 457/2007 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE, depositata il 18.4.2007 R.G.N. 502/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 28/04/2014 del Consigliere Dott. GIOVANNI AMOROSO;

udito l’avvocato L.A.T. per delega U.A.M;

udito l’Avvocato SOLA VITO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. ALBERTO CELESTE, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso in subordine rigetto.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il Tribunale di Grosseto, giudice del lavoro, con sentenza n. 199 del 9.3 – 31.3.2004, ha dichiarato l’illegittimità della sanzione disciplinare di dieci giorni di sospensione dal lavoro e dalla retribuzione irrogata a T.P., portalettere in servizio a Follonica, con lettera 2.8.2000.

Poste Italiane S.p.A, con ricorso del 30.3.2005, ha proposto appello contro la sentenza del giudice grossetano segnalando la gravità della condotta addebitata al lavoratore, idonea a incidere su diritti e interessi della collettività.

La Corte di Appello di Firenze con sentenza del 13 aprile 2007 ha rigettato l’appello.

Avverso questa pronuncia ricorre per cassazione la società con tre motivi.

Resiste con controricorso la parte intimata.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il ricorso è articolato in tre motivi con cui la società ricorrente denuncia la violazione falsa applicazione degli artt. 2086, 2094, e 2104 c.c. in relazione all’art. 41 Cost. (primo motivo); violazione e falsa applicazione degli artt. 1362, 1363 c.c. in relazione agli art. 30 e 34 C.C.N.L. dell’11 gennaio 2001 (secondo motivo); omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto decisivo per il giudizio.

            Essenzialmente la società ricorrente si duole dell’asserito difettoso giudizio di proporzionalità tra fatto addebitato e sanzione, deducendo che la condotta del dipendente doveva considerarsi quale grave inadempimento degli obblighi derivanti dal contratto di lavoro tale da giustificare la sanzione conservativa irrogata.

Il ricorso – i cui tre motivi possono essere esaminati congiuntamente – è infondato.

Va innanzitutto ribadito quanto già ritenuto da questa Corte (Cass. 27 settembre 2007 n. 20221) che ha affermato che in tema di sanzioni disciplinari, il giudice di merito, investito del giudizio circa la legittimità di tali provvedimenti, deve valutare la sussistenza o meno del rapporto di proporzionalità tra l’infrazione del lavoratore e la sanzione irrogatagli. A tal fine deve tenere conto sia delle circostanze oggettive che delle modalità soggettive della condotta del lavoratore; l’apprezzamento di merito della proporzionalità tra infrazione e sanzione sfugge a censure di legittimità se adeguatamente e congruamente motivato.

Nella specie la corte d’appello ha operato questo giudizio di proporzionalità e, con motivazione sufficiente e non contraddittoria, ha ritenuto che la sanzione applicata fosse sproporzionata rispetto al fatto addebitato. Ha in particolare osservato la corte territoriale che, come emergeva dalla lettera di contestazione del 13.6.2000, a T.P. era stato contestato che, in data 22.5.2000, alle ore 14,45, egli non aveva consegnato n. 4 lettere prioritarie bollate 18.5.2000, che venivano rinvenute sul suo tavolo “assieme a corrispondenza ordinaria per un peso complessivo di 6 kg, datata 18, 19 e 20 maggio 2000”. Dal canto suo, il T. si giustificava  con il fatto di avere ‘ereditato’ un notevole quantitativo di corrispondenza ordinaria lasciata da una titolare di zona andata in ferie proprio in quei giorni e segnalava che, proprio il 22.5.2000, egli aveva prolungato l’orario di servizio di un’ora e 45 minuti per far fronte all’eccessivo carico di lavoro, senza peraltro percepire alcun compenso per lavoro straordinario. Poste Italiane S.p.A. aveva dedotto che era in corso un’iniziativa aziendale per il raggiungimento di un miglior risultato nel recapito della corrispondenza menzionando il programma “Tavolo Pulito”.

Ha quindi osservato la corte d’appello da una parte che non era risultato provato che l’azienda avesse affisso un codice disciplinare specifico, con le esatte prescrizioni e le conseguenze disciplinari connesse alla nuova iniziativa denominata “Tavolo Pulito”. D’Altra parte la sanzione della sospensione dal servizio e dalla retribuzione per 10 giorni (un terzo dello stipendio) era da ritenersi sproporzionata ex art. 2106 cod. civ. tenendo conto che il CCNL 26.11.1994 contemplava la sospensione di soli 4 giorni (da servizio e retribuzione) per casi ben più gravi fra i quali l’inosservanza dei doveri e obblighi di servizio, con pregiudizio per l’ente, e addirittura con vantaggio per sé o per terzi (art. 34).

Nella specie invece si era in presenza di un dipendente, privo di precedenti disciplinari, che non riuscì a completare le consegne pur protraendo spontaneamente l’orario giornaliero.

La Corte d’appello ha pertanto concluso che, nella specie, Poste Italiane S.p.A. esercitò il potere disciplinare senza aver adeguatamente informato il dipendente circa le conseguenze sanzionatorie della nuova iniziativa “Tavolo Pulito”; senza valutare le reali condizioni in cui T.P. era chiamato ad operare a Follonica; senza valutare in modo obbiettivo la vicenda concreta in relazione a tutte le diverse e più gravi ipotesi per le quali il CCNL del settore prevedeva la sospensione dal servizio e dalla retribuzione.

Il ricorso va quindi rigettato.

Alla soccombenza consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali di questo giudizio di cassazione nella misura liquidata in dispositivo.

PER QUESTI MOTIVI

La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento delle spese di questo giudizio di cassazione, liquidate in euro 100,00 per esborsi ed in euro 3.000,00 per compensi d’avvocato ed oltre accessori di legge, da distrarsi in favore dell’avv. Vito Sola, dichiaratosi antistatario.

Così deciso in Roma il 28 aprile 2014.

 

Il Consigliere                                                      Il Presidente

(Giovanni Amoroso)                                            (Guido Vidiri)

 

 

DEPOSITATO IN CANCELLERIA

ROMA 3.6.2014

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